GENOVA/Quando la scuola è teatro di violenza

Come può la scuola, tradizionalmente considerata un luogo sicuro e protetto, trasformarsi in uno scenario di violenza, persino tra i più giovani? Un luogo di apprendimento, amicizia e crescita dovrebbe essere sinonimo di protezione, eppure, in alcuni casi, diventa teatro di episodi sconvolgenti, capaci di segnare per sempre la vita di chi li subisce.
L’ accaduto
Ciò è accaduto nel lontano 2023 in una scuola superiore di Genova, dove una semplice ricreazione, si è trasformata nel peggiore degli incubi per una giovane studentessa, che chiameremo Chiara.
Nel pieno della pausa, Chiara è stata trascinata con la forza in uno sgabuzzino da un compagno di pochi anni più grande di lei. Le sue urla, le sue suppliche disperate non hanno fermato la brutalità di quel ragazzo, che ha abusato di lei con crudeltà. Solo il rumore di passi in lontananza, forse quelli di un professore, lo ha costretto a interrompersi e a fuggire, lasciando Chiara in lacrime, devastata, ma ancora abbastanza lucida da rifugiarsi in classe.
Nonostante il trauma, Chiara ha trovato il coraggio di denunciare. Con il sostegno della famiglia, degli amici e dei compagni di scuola, ha affrontato il dolore e ha avuto la forza di portare alla luce non solo la violenza subita, ma anche un’aggravante inquietante: il suo aggressore aveva minacciato con un coltello il suo migliore amico, colpevole solo di aver cercato di difenderla.
Eppure, solo oggi, nel 2025, la giustizia ha fatto il suo corso e la denuncia ha raggiunto la sua conclusione. Due lunghi anni di attesa, di battaglie legali, di ingiustizie che si sommano a un dolore già incolmabile. Questo caso dimostra quanto il sistema burocratico italiano sia lento e inefficace nel proteggere le vittime, lasciandole spesso in una condizione di impotenza e insicurezza. Ma la vera domanda resta: come può la scuola, un luogo di crescita e formazione trasformarsi in un ambiente di paura e violenza? E, soprattutto, cosa possiamo fare per evitare che tragedie come quella di Chiara si ripetano?
Negli ultimi anni, episodi di violenza nelle scuole sono diventati sempre più frequenti. Non si tratta solo di casi di bullismo, che già da soli rappresentano un problema diffuso, ma di episodi molto più gravi, che vanno dalle aggressioni fisiche alle molestie, fino agli abusi sessuali.
È inquietante pensare che in un ambiente scolastico, dove i ragazzi dovrebbero sentirsi protetti, possano invece vivere esperienze così traumatiche. Ma perché accade? Le cause di questa escalation sono molteplici e vanno ricercate nella crescente normalizzazione della violenza tra i giovani, nell’assenza di un’educazione al rispetto e nella scarsa vigilanza da parte degli adulti, gli spazi scolastici spesso non sono adeguatamente controllati, e questo permette che episodi del genere possano verificarsi lontano da sguardi indiscreti. In alcuni casi, il silenzio complice dichi vede ma non parla rende ancora più difficile spezzare questa catena di violenza
A tutto questo si aggiunge una giustizia lenta, che non tutela adeguatamente le vittime. Se una ragazza come Chiara deve aspettare due anni prima di vedere il suo aggressore punito, quanto è realmente efficace il sistema che dovrebbe proteggerla? Il rischio è che sempre più vittime scelgano di non denunciare per paura di essere lasciate sole, esposte a ulteriori traumi e al giudizio della società. La scuola, che dovrebbe essere un baluardo di crescita e sicurezza, diventa invece un luogo di insicurezza, dove il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato si fa sempre più labile.
Perché questo cambi, è necessario un intervento concreto. Serve un’educazione affettiva e sessuale che insegni ai ragazzi cosa significa il consenso, il rispetto e la gestione sana delle relazioni. Servono più controlli all’interno delle scuole, con una presenza attiva di figure di riferimento capaci di intervenire in tempo. Ma soprattutto serve un cambiamento culturale, che tolga ogni alibi a chi minimizza, giustifica o ignora la violenza. Fino a quando episodi come quello di Chiara continueranno a verificarsi, la scuola non potrà più essere considerata un luogo sicuro. La vera domanda che dovremmo porci non è solo come punire chi commette queste atrocità, ma come impedire che accadano. Perché la giustizia, da sola, non basta. È la prevenzione che può davvero fare la differenza.
Di Giorgia Palazzo e Greta Morello