PETER STEIN/La sofferenza non muore mai

Peter Stein, un grandissimo regista Berlinese, ha deciso di fare un’intervista dopo la morte di suo padre e ha raccontato che già i primi ricordi da bambino (all’età di quattro anni) sono legati alla guerra: con le fughe dalle bombe ha sperimentato fin da giovane cose molto brutte e ora finalmente si è riscattato per quello che è realmente lui. Il padre di Peter Stein era ingegnere e dirigeva una fabbrica che produceva acciaio, motori, armi, aerei, panzer. Senza di lui Hitler non avrebbe potuto scatenare la guerra che ha prodotto 50 milioni di morti in pochi anni: una vera e propria catastrofe. Per questo il ragazzo, ormai uomo, si è pentito dei gesti dei padre: crede che se suo padre si fosse opposto forse non sarebbe successa questa strage.

Intervista rilasciata da Peter Stein:

Suo padre era nazista?

«No, ma ha lavorato per i nazisti: per lui in quel momento era al primo posto l’idea della sua patria. Poi partecipò a un movimento clandestino di resistenza, che non ha fatto vere azioni. Però, essendo molto giovane, dopo aver guidato quella fabbrica che aveva contribuito a distruggere, ebbe l’età giusta per partecipare alla ricostruzione. Ironia della sorte».

Lei aveva un buon rapporto con suo padre?

«Avevo un ottimo rapporto con mia madre, con mio padre ero in contrasto. Per me lui era colpevole, come tutto il popolo tedesco, di ciò che era accaduto. E quando voleva impormi di studiare ingegneria, gli risposi: tu hai cominciato la guerra, tu hai ammazzato sei milioni di ebrei! La mia era una rivolta totale. Ho ereditato da lui la longevità, ho 84 anni e vivere troppo a lungo mi sembra inutile».

Suo padre era contento quando lei decise di fare teatro?

«Per niente! Temeva che morissi di fame, però un giorno incontrò un critico teatrale famoso in Germania, con cui si lamentava della mia scelta che considerava terribile. Il critico gli chiese: tu quanto guadagni? Mio padre glielo disse e il critico ribatté: beh, io guadagno più di te».

Dicono che lei sia un regista autoritario. Ha ereditato da suo padre anche questo aspetto del carattere?

«Sono abituato a dire ciò che penso. Il regista deve essere un po’ meno stupido degli attori, perché ha molti compiti da svolgere dietro le quinte. Non mi sento un artista, non so recitare, cantare, disegnare… E in quanto regista, una volta che si alza il sipario, devo lasciar posto agli attori. Non vado mai alla prima di un mio spettacolo, che ci vado a fare?».

Considera un po’«stupida» anche sua moglie, la brava attrice Maddalena Crippa?

Ride: «Sì ho sposato un’attrice ed è un miracolo stare insieme da tanti anni. Sono molto commosso dal fatto che lei, tanto più giovane di me, ancora mi sopporti».

Quando la dirige, dimentica che è sua moglie?

«Con lei sono più severo, più rigido che con gli altri».

E ora in palcoscenico ci sale lei: da regista ad attore.

«La cosa che mi piace di più è recitare nella lingua originale di Goethe, che è un tedesco molto bello. Il melologo si concentra sulla prima parte dell’opera, la storia di Faust e Margherita».

Chi è, a suo avvisto, il Mefistofele, il diavolo di oggi?

«Siamo tutti noi, che stiamo distruggendo la natura, e il Covid ne è uno dei tanti effetti».

Perché ha scelto l’Italia, dove vive da molto tempo?

«Sin da ragazzo sentivo l’Italia molto vicina, ma oggi è molto diversa: un tempo gli italiani erano accoglienti, sorridenti, oggi si lamentano sempre, sono un po’ come i tedeschi».

Un autore italiano che avrebbe voluto mettere in scena senza riuscirvi?

«Pirandello. Insieme al drammaturgo Botho Strauss volevamo realizzare “I giganti della montagna” e andammo a chiederne i diritti a Marta Abba, ormai una vecchia signora: ci accolse con gentilezza e ascoltò le nostre richieste, ma non ci concesse i diritti».

Queste sono state le parole di Peter Stein che nonostante il dolore per la sua vita passata ora sale sul palcoscenico da attore. Nella Villa Falconieri a Frascati, il 16 maggio, è stato protagonista del melologo «Faust Fantasia», accompagnato dalle musiche di Arturo Annecchino, eseguite al pianoforte da Giovanni Vitaletti. L’evento dedicato a Goethe ha concluso la manifestazione «La forza della poesia».

Il padre non appoggiava la sua idea di entrare nel mondo dello spettacolo e del teatro, perché credeva che oltre a morire di fame non avrebbe fatto carriera, ma probabilmente se il 16 maggio suo padre si fosse trovato vicino a lui su quel palco gli avrebbe applaudito come gli altri e forse, finalmente, sarebbe stato orgoglioso di lui.

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