Sudan: morire per la libertà

Continuano gli scontri in Sudan e stavolta si contano almeno 7 morti e circa 200 feriti tra i civili che erano presenti ieri in piazza per manifestare e chiedere l’uscita di scena del Consiglio militare di transizione, guidato dal generale Abdel Fattah Burhan, che oggi governa il paese, a maggioranza islamica, dove vivono circa 42 milioni di persone, da anni in grave crisi economica.

La manifestazione si è svolta nel 30esimo anniversario del golpe che portò al potere e vide come protagonista l’ormai ex presidente Omar al Bashir destituito 3 mesi fa da una giunta militare che promise alla popolazione di volere intraprendere una strada di transizione verso delle elezioni democratiche, ma la promessa si è rivelata subito difficile e piena di incognite.

Il Popolo chiede libertà.
Il popolo sudanese manifesta ormai dallo scorso dicembre la sua volontà di avere finalmente delle elezioni libere e democratiche dopo aver vissuto per anni nell’oppressione e nella violenza.
Lo scorso 3 giugno, nella capitale del paese Khartoum, i militari sudanesi hanno dato l’ordine di sgombrare il sit-in organizzato vicino al quartier generale della Difesa, e nei disordini più di 30 persone sono state uccise e oltre 100 ferite. Il sit-in, in piedi da aprile, raccoglie i gruppi civici che chiedono alla giunta militare di passare il potere ai civili.

Le organizzazioni della società civile hanno subito fatto appello alla popolazione, perché costruisca barricate nelle strade, per bloccare i movimenti dei militari ma senza ricorrere allo scontro violento. Mentre la zona del sit-in sarebbe stata sgomberata, manifestanti hanno bloccato l’intera Omdurman, la città gemella di Khartoum dall’altra parte del Nilo, con sbarramenti di sassi e copertoni incendiati. Testimoni hanno riferito che sono stati sparati colpi d’arma da fuoco e che i soldati hanno bruciato alcune tende dei dimostranti. Alcuni medici hanno, inoltre, riferito che i militari sono entrati nel Royal Care International Hospital, dove sono stati sparati diversi colpi e proseguito l’inseguimento dei manifestanti all’interno del campus ospedaliero.

Giovedì 6 giugno il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana ha sospeso la partecipazione del Sudan da tutte le attività dell’organismo “con effetto immediato” a causa della persistente violenza nel paese. E ha specificato che la sospensione resterà in vigore fino “all’effettivo ristabilimento” di un’autorità civile di transizione, “unica via per permettere al Sudan di uscire dall’attuale crisi”.