VIVERE NELLA LEGALITA’/Intervista ad Adriano Patti

Per il terzo incontro previsto dal progetto “Vivere nella legalità: incontro con i testimoni del nostro tempo” abbiamo avuto l’occasione di intervistare un uomo, un magistrato, il dott. Adriano Patti, da anni impegnato per lavoro, ma soprattutto per passione a educare i giovani alla legalità

Chi è Adriano Patti?

Ufficialmente la mia professione è quella di magistrato, ma credo che sia davvero importante, al di là del mio compito istituzionale di amministrare la giustizia, avere un impegno che sia più a contatto con la società civile e in particolare con voi giovani perché la legalità fa parte dello statuto di cittadinanza di ognuno di noi.

Quando in particolare ha iniziato a scrivere il libro “Perché la legalità’? Le ragioni di una scelta” e perché è indirizzato soprattutto ai giovani?

I giovani mi piacciono molto! Ho sempre avuto un impegno con i ragazzi. Sono obiettore di coscienza per cui negli anni della gioventù, anziché fare il servizio militare, ho prestato servizio civile nel centro storico di Genova lavorando con i minori. Successivamente mi è capitata l’occasione di poter parlare agli studenti di un’amica a Varese e ho visto che l’incontro ha funzionato. A me piace molto il contatto con i ragazzi perchè credo che sia davvero importante dedicarvi dell’attenzione; in particolare credo che abbiamo un grosso debito, come generazione adulta, nei confronti di voi giovani perchè vi abbiamo consegnato un mondo che non è totalmente migliore di quello che abbiamo conosciuto noi alla vostra età. Mi riferisco ad esempio a questo senso di precarietà e incertezza sul futuro o di una grande preoccupazione dal punto di vista della sostenibilità stessa, per non parlare delle disuguaglianze sempre più marcate. Diciamo quindi che ho sentito che questa intenzione educativa, un po’ per simpatia e un po’ per impegno civile, sarebbe stata una buona idea.

A un certo punto è nata l’idea di questo libro che mi ha fatto fare esperienze molto belle, per esempio ho conosciuto gli ‘amici siciliani’ che avete incontrato: Don Fiorino nel novembre del 2016, dopo aver letto la recensione al libro, mi ha chiamato e invitato a Mazara del Vallo. Inoltre ho fatto altre presentazioni in giro per l’Italia e devo dirvi che è una cosa che reputo importante, forse per certi aspetti lo è quasi di più dell’amministrare la giustizia.

L’Italia ha il triste primato dell’evasione fiscale in Europa, a questi vanno aggiunti gli abusi edilizi e le infrazioni stradali, secondo lei perché la legge non viene rispettata in Italia?

Il discorso è complesso ma l’osservazione da fare è che l’atteggiamento dell’ italiano non è quello di osservare la legge, ma quello di trovare un modo per eludere la legge. Siamo un popolo, per la nostra storia, senza una forte unità nazionale, tra i cittadini e le istituzioni dovrebbe esserci un patto di fiducia reciproca ma in Italia lo Stato diffida dei propri cittadini e il cittadino diffida delle istituzioni.

Inoltre in Italia abbiamo una quantità di leggi molto elevata, ma che creano un reticolo di impedimenti, anche per capire che cosa si debba fare, che certamente non aiuta. La fiducia è alla base di un patto di confidenza e il cittadino non è nella posizione di chi deve obbedire come un suddito a un ordine che gli viene dato, ma, al contrario, dovrebbe rispettare la legge perché  ha un valore giusto ed è corretto quindi che ognuno la rispetti.

L’etimologia della parola lex è duplice, da una parte c’è il senso del legare, ovvero del vincolo che però non opprime, ma che invece dovrebbe unire. Dall’altra parte troviamo legere che si può tradurre con raccoglie o estrarre, perché legere non è soltanto l’atto di fare una lettura. Infatti con questa traduzione si intende raccogliere quelle che sono le dinamiche nella società. Nella società ci sono state delle dinamiche evolutive che hanno fatto sì che la legge andasse poi ad intervenire e a raccogliere questi movimenti. Più la legge riuscirà a cogliere il comune sentire dei cittadini, tanto più sarà riconosciuta. La chiave di lettura quindi potrebbe essere una maggiore condivisione per arrivare ad un rispetto tra stato e cittadino.

La mafia approfitta del malcontento dei cittadini che hanno perso fiducia nello Stato, cercando di sostituirsi ad esso … come si combatte questo fenomeno sempre più dilagante anche nel nord Italia?

Il problema “mafia” non si risolve presidiando il territorio, mandando l’esercito, ma educando perché soltanto l’istruzione, soltanto la cultura può cambiare le mentalità; noi, da questo punto di vista, stiamo vivendo una stagione drammatica. Una parte della popolazione italiana, piuttosto esigua, è analfabeta; ma poi c’è un analfabetismo che è molto più esteso che non è l’analfabetismo di chi non sa leggere e scrivere… è un analfabetismo così detto funzionale cioè di chi pur leggendo non comprende il significato di ciò che legge. Questa quota è ampia e anche i lettori in Italia sono meno rispetto ad altri paesi europei; questo per dire che il percorso culturale, che è fondamentale per cambiare le mentalità, si deve alimentare con l’esercizio del pensiero critico, perché soltanto così si è in grado di distinguere, di riconoscere quello che è vero da quello che è falso. Bisogna verificare le fonti, che è una dimensione totalmente assente dalle informazioni che si attingono dai social, per cui non si è più in grado di avere una propria opinione ragionata, consapevole di quello che è la realtà.  Questo spiega la bassissima qualità della nostra classe politica perché ci sono troppe persone che si accontentano di spot pubblicitari, di promesse che non potranno essere mantenute e il degrado della nostra rappresentanza politica è il degrado della condizione della società civile.

L’istruzione è fondamentale sempre, ma lo è in particolare in quei territori che storicamente hanno conosciuto una presenza latitante delle istituzioni, che non hanno per esempio assicurato un adeguato livello scolastico, non hanno costruito strade; questa assenza dello Stato ha fatto sì che allo Stato si sia sostituita un’organizzazione che si basa soltanto sullo sfruttamento violento del territorio.

L’episodio dello scoppio della bomba all’ingresso della procura generale della Corte d’Appello di Reggio Calabria il 3 gennaio 2010 ha scosso le coscienze individuali generando un movimento di aperta opposizione: cosa ha generato questo cambiamento rispetto all’omertà del passato?

Innanzitutto ha suscitato una reazione quasi immediata da parte dei calabresi e si è costituita un’associazione chiamata ”Reggio non tace”; consideriamo che il tessuto sociale calabrese è più omertoso rispetto a quello siciliano: la Ndrangheta ha un radicamento territoriale e familistico che non troviamo ad esempio in Cosa Nostra.  Questa reazione però ha fatto sì che per la prima volta ci fossero delle indagini che mai si erano aperte contro questa organizzazione. In questi giorni sta avendo luogo un processo che vede imputate circa 400 persone, variamente collocate nella società, tra cui anche uomini delle istituzioni. Queste indagini possono nascere solamente se c’è qualcuno che inizia a denunciare; la strada da fare è ancora lunga, ma sicuramente negli ultimi vent’anni, a prezzo di tante morti, c’è stato un processo di presa di coscienza delle persone sulla realtà che li circonda.

Cosa Nostra e Ndrangheta hanno allevato al loro interno una classe di giovani che hanno studiato e che sono in grado di entrare nel mondo dell’economia e di aprire imprese. Queste organizzazioni dunque non mirano più soltanto allo spaccio di armi e droga, ma sono fortemente radicate in moltissime aziende del meridione e non solo. Molti impresari, che non trovano prestiti dalle banche, cadono fatalmente nell’usura.

Le organizzazioni criminali sfruttano il fenomeno migratorio, incentivando il lavoro in nero e a basso costo a discapito di quello regolare e qualificato, alimentando l’odio nei confronti dei migranti. Ci sono quindi due importanti questioni da modificare e da migliorare: da una parte il lavoro in nero, dall’altra l’odio nei confronti dei migranti. Come possiamo combattere questi due fenomeni?”

La questione migratoria è un discorso complesso, che non solo ha ricadute criminali, e va risolto a livello europeo. Sull’argomento, in Italia, c’è anche molta disinformazione, alimentata da media che forse solo nell’ultimo periodo parlano meno di “invasione”, dopo anni di campagna mediatica martellante, mentre i numeri oggettivi descrivono una migrazione verso l’Italia assolutamente incomparabile ai fenomeni migratori che avvengono negli altri continenti. In Europa infatti arrivano numeri irrisori di immigrati, ancora di più in Italia. Penso inoltre che bisognerebbe rivedere i trattati che regolano le migrazioni nell’UE, come il trattato di Dublino, che lascia la responsabilità dell’accoglienze dei migranti ai paesi di primo approdo. Osserviamo quindi che c’è un problema di fondo nella gestione europea del fenomeno. Non possiamo neanche ignorare i potenziali benefici che potrebbe portare alla nostra economia. Infatti, in Italia come in tutta Europa, c’è  bisogno di lavoratori, bisogno che appunto potrebbe essere risolto dalle migrazioni. Altro problema è rappresentato dai “mezzi” per il loro spostamento. Non capisco perché non possano utilizzare i mezzi convenzionali, come gli aerei, invece di essere costretti alla clandestinità, al traffico di uomini, ai barconi, ai lager libici. Qualche anno fa era emerso questo problema e si era provato a regolamentare i fenomeni migratori. Io credo che sia davvero importante che queste problematiche entrino nella vita politica e che se ne interessino i giovani. La legalità deve far parte dello statuto di cittadinanza di ognuno di noi, in particolare dei giovani.

 

Legalità = giustizia?

Legalità non è sempre giustizia perché non è un suo sinonimo, ma l’una implementa l’altra, e non sempre la “lex” rispetta lo “ius”. Un classico esempio è accaduto nel ’36-’37 con l’istituzione in Italia delle leggi razziali che hanno dato origine a una profonda discriminazione in quanto impedivano ai cittadini italiani di origine ebraica di accedere e di far parte delle istituzioni pubbliche. Tuttavia erano leggi dello Stato e quindi c’era legalità, ma non c’era giustizia, in quanto esse diversificavano i cittadini italiani.

Il concetto di “legalità non sempre è giustizia” permane ancora oggi nel nostro ordinamento giuridico, tuttavia, nella nostra Costituzione italiana c’è un “indizio” che corre in aiuto: la Corte Costituzionale. Essa è un organo che ha il compito non solo di verifica della corrispondenza tra legge e costituzione, ma anche di una verifica di ragionevolezza della legge (che può essere dichiarata illegittima o ricondotta interpretativamente a conformità costituzionale) e della costituzione. A questo organo può rivolgersi non chiunque, ma il giudice in dubbio sulla legittimità di una legge in applicazione al caso concreto.

 

Abbiamo lanciato un micro sondaggio e questo è il risultato, ovvero il 67% della popolazione scolastica del nostro istituto non ha fiducia nella giustizia.

Perché secondo lei ?

La risposta alla domanda è complessa … che la giustizia non sia uguale per tutti purtroppo è una verità in buona parte che dipende sicuramente dalla possibilità di avere buoni avvocati.

Voi però sapete anche che in Italia il diritto di difesa è assicurato. L’accertamento per un piccolo reato è di gran lunga più elementare di quello che comporta andare ad accertare un reato di tipo societario. Molte volte l’accertamento della pena arriva dopo molti anni, la persona che ha commesso il reato magari è pure cambiata e questo ha un’incidenza negativa sulle persone. Il ritardo della giustizia italiana è la più importante forma di ingiustizia.

L’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo di esseri nuovi, di giovani.” 

VIVERE NELLA LEGALITA’/Intervista ad Adriano Patti

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