MANGIAUOMINI/L’uomo è davvero l’animale più potente?

Il super-predatore del pianeta è l’uomo. Eppure Madre Natura ha deciso di smentire questo “dato di fatto” di tanto in tanto. Tutti i grandi felini, come tigri, leoni, giaguari e leopardi, non sono mai andati molto d’accordo con il genere umano. Infatti, alcuni, rientrano nei casi di animali mangiauomini.

Negli anni ’70 del secolo scorso sono stati trovati in Sudafrica teschi dei nostri antenati, alcuni dei quali con caratteristici fori nella calotta cranica superiore. In un primo momento si pensò a ferite prodotte da qualche arma primitiva, ma poco dopo si scoprì che le lesioni erano molto simili a quelle presenti sul cranio dei babbuini catturati dai felini africani.

In particolare, si trattava di ferite prodotte dai denti canini dei leopardi, i quali si nutrivano già dei primi ominidi, gli Australopitechi, circa due milioni di anni fa.

Partiamo dal presupposto che i racconti impressionanti dei mangiatori di uomini riguardano casi isolati registrati molto tempo fa. Anzi, sono numerosissime le persone che vivono o si recano nelle aree abitate da grandi felini dell’Africa e dell’Asia per piacere o per lavoro, eppure il numero degli attacchi dovrebbe essere altissimo se questi animali avessero una chiara predilezione per noi, ma fortunatamente non è così.

I “turisti” mangiati da felini, poi, sono pochissimi e si tratta di solito di persone che non hanno rispettato le regole di visita dei parchi. Perciò, viaggiate liberamente senza pensare al pericolo di tigri e leoni.

I grandi felini sono stati una terribile minaccia per noi uomini fino a che la tecnologia non ci ha messi quasi del tutto al sicuro. Essi dovevano soddisfare il loro fabbisogno di carne di almeno 40 kg a settimana, come nel caso delle tigri e dei leoni, che arrivano a pesare più di 300 kg.

Nell’era moderna, questi animali sono sempre meno diffusi e tendono a evitarci perché, salvo rari casi, noi uomini non siamo più una preda con la quale i predatori hanno familiarità.

Gli animali che “sgarrano”, infatti, sono eliminati e quindi non hanno modo di trasmettere ai loro figli questo comportamento. Oggi avere a che fare con un vero “mangiatore di uomini” è un fenomeno molto più raro rispetto al passato.

Nonostante tutto, gli attacchi agli uomini da parte dei grandi felini accadono ancora, soprattutto in Africa Orientale, dove centinaia di migliaia di persone vivono a stretto contatto con loro per via dell’aumento di popolazione, che porta villaggi e campi a invadere gli habitat di questi animali selvaggi. Tutto ciò comporta anche la riduzione delle prede naturali e il bestiame ne va ad occupare il posto; perciò i predatori sono stati costretti ad avvicinarsi all’uomo.

In alcuni casi le vittime non sono neppure mangiate. Non è il sapore del sangue umano a rendere questi animali dei killer, come spesso si sente dire, ma la “scoperta” da parte del felino che gli uomini sono prede molto facili da catturare. Ciò li rende “mangiatori di uomini”.

Quando questi animali adottano questa cattiva abitudine, è impossibile rieducarli a cacciare le prede naturali: occorre catturarli e isolarli in località remote (dove non è presente l’uomo), oppure abbatterli.

Prendiamo in analisi il caso del famoso “leopardo di Rudraprayag”. Quest’ animale, nei suoi otto anni di “carriera”, ha sbranato 125 persone nell’India del Nord, prima di essere abbattuto, nel 1926.

Iniziò per caso a nutrirsi di carne umana dopo l’epidemia d’influenza spagnola, quando numerosi cadaveri anziché essere cremati, venivano gettati al di fuori delle zone abitate. Ma in breve, la fiera, imparò a ricercare attivamente le persone.

La prima vittima (nel 1918) fu un abitante del villaggio indiano di Rudraprayag, nel nord dell’India; mentre costui, di nome Benji, attraversava la strada che portava dal suo villaggio a quello adiacente, fu attaccato e divorato dalla belva.

Da questo episodio ne seguirono molti altri identici e il felino si addentrò sempre più all’interno dei villaggi, introducendosi perfino nelle abitazioni nel massimo del silenzio.

Per via delle sue mosse rapide e silenziose la gente pensò che si trattasse di uno spirito malvagio sotto le spoglie di un leopardo. Così fu chiamato ad abbatterlo il famosissimo cacciatore inglese Jim Corbett, che aveva già ucciso altre tigri e leopardi mangiauomini.

Impiegò un intero anno a cacciarlo, fallendo innumerevoli volte prima di riuscirci.

Quando Corbett uccise il leopardo, notò che era un animale molto vecchio, con i grandi canini spezzati e consumati. Ciò gli fece supporre che il felino avesse cominciato ad attaccare gli esseri umani proprio a causa della sua vecchiaia, quindi incapace di cacciare le tipiche e veloci prede di un leopardo indiano. Ma gli attacchi erano cominciati quando l’animale era ancora giovane e in salute.

Esiste oggi, nei dintorni di Rudraprayag, una lapide, in ricordo del leopardo, posta esattamente nel punto dove Corbett lo abbatté.

Il cacciatore decise di pubblicare un libro su questa vicenda nel 1948, intitolandolo “Il leopardo che mangiava gli uomini”.

Per ricapitolare: la causa principale è l’espansione dei centri urbani, anche piccoli, nelle aree dove vivono questi predatori, che acquisiscono una crescente confidenza con noi esseri umani.

Per l’ennesima volta, l’uomo si dimostra essere la sua stessa spina nel fianco, la quale pian piano si tramuterà in una fatale lancia appuntita.