#XCHISELEPERSO 1/Assalto al Congresso

Sono le 13.10 del 6 gennaio e, alla fine del suo comizio a Washington, il presidente uscente Donald Trump richiama i suoi sostenitori ad avanzare su Pennsylvania Avenue mentre nel Congresso inizia l’ultima seduta che avrebbe certificato la vittoria di Joe Biden. «Cammineremo fino al Campidoglio, e appoggeremo i nostri coraggiosi senatori e deputati. Non potremo mai riprenderci il nostro Paese con la debolezza, dobbiamo mostrare la forza, e voi dovete essere forti». Queste le parole di Trump che avrebbero fatto scoppiare il caos. 

Poco dopo al grido “USA! USA!” i manifestanti spingono a terra le transenne intorno al Campidoglio; seguono scontri e fughe da parte dei poliziotti che, appena possibile, inviano un avvertimento allo staff su un pacco sospetto e iniziano a far evacuare gli edifici. Il Campidoglio è in lockdown.                                                                                                                  

I sostenitori di Trump iniziano a rompere finestre, arrampicarsi sui muri esterni del Campidoglio e a scontrarsi con la polizia, che chiede rinforzi. La folla fa irruzione nell’edificio. Alcuni riprendono la scena e scattano selfie davanti all’aula della Camera. La polizia ordina ai senatori e ai deputati di evacuare l’edificio. Intanto gli assalitori entrano nell’ufficio della speaker della Camera e nell’aula del Senato, sempre scattandosi foto. Con un tweet Trump invita i manifestanti a mantenere la calma e a rispettare la legge, senza, però dire loro di tornare a casa.                                                                                                                         

Dopo quasi due ore dall’inizio dell’assalto l’aula del Senato viene liberata dalla polizia. All’interno del Congresso sono stati feriti diversi poliziotti e manifestanti, di cui cinque hanno perso la vita. Durante gli scontri Biden ha affermato che non si trattasse di una manifestazione, ma di un’insurrezione e ha chiesto al presidente Trump di fare un discorso per porre immediatamente fine alle violenze. Trump pubblica un videomessaggio, poi rimosso da Twitter, in cui invita i manifestanti a ricordare per sempre quel giorno e a tornare a casa, sottolineando ancora le accuse di brogli. Dopo questo videomessaggio l’account di Trump è stato bloccato prima per 12 ore, poi definitivamente.

Intorno alle 18.30, quando la polizia ha liberato il Campidoglio dagli ultimi manifestanti, i leader del Congresso annunciano che il conteggio dei voti può riprendere.

 

É  la prima volta che viene attaccato il Campidoglio nella storia? E la Casa Bianca?

 

No, quella del 6 gennaio 2021, non è assolutamente la prima volta in cui vennero attaccati, molto violentemente, i due simboli del potere politico degli Stati Uniti. 

La prima volta risalirebbe infatti al 24 agosto 1814, giorno in cui, nel bel mezzo della guerra dell’ex madrepatria Inghilterra contro gli Stati Uniti, i soldati inglesi irruppero violentemente all’interno della Casa Bianca. La residenza di James Madison, presidente di allora, venne non solo saccheggiata, ma data anche alle fiamme e l’unico oggetto che la moglie Dolley riuscì a mettere in salvo fu il ritratto di George Washington. La rivolta non finì qui. Nello stesso giorno infatti venne bruciato anche l’edificio del Campidoglio. 

Il 16 agosto di 27 anni dopo, in piena crisi economica e bancaria, in seguito all’annuncio del presidente John Tyler, di voler attuare una riforma radicale della Banca Centrale degli Stati Uniti, gli azionisti e lobbisti dell’istituto centrale di credito attaccarono la Casa Bianca assediandola e lanciando pietre. Ornarono inoltre un effigie del presidente con il cappio al collo che venne poi bruciata. 

In seguito ad altri tre attacchi avvenuti il 2 luglio 1915, l’ 1 marzo 1954 e 

l’ 1 marzo 1971 al Campidoglio, il 17 febbraio 1974 un giovane soldato di nome Robert Preston, in seguito alla respinta dal corso di pilota per elicotteri, decise di rubare un Bell UH-1 “ Iroquois” con l’intento di volare fino alla Casa Bianca e ci riuscì fermandosi in hovering sopra la zona meridionale del giardino. Grazie al fuoco intenso degli uomini dei Servizi Segreti l’assalitore venne però costretto ad atterrare prima che potesse accadere uno scandalo.  

Il 22 marzo 1984 fu la volta di un altro assalitore, Antony Holbert, di soli 22 anni. Con una spada da samurai aveva parcheggiato nei pressi dell’ala Nord-Est della Casa Bianca e, giunto all’ingresso di quest’ultima, pretendeva violentemente di avere un colloquio privato con l’allora Presidente degli Stati Uniti d’America, Ronald Reagan. In seguito a una lunga trattativa, si riuscì a calmare l’assalitore, evitando nuovamente una catastrofe. 

Furono frequenti anche i tentativi di attacco e di uccisione del famoso presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Ne ricordiamo principalmente tre.

Il primo avvenne il 12 settembre 1994. Frank Eugene Corder, camionista e veterano dell’esercito, si schiantò contro l’ala Sud della Casa Bianca con un aereo rubato da turismo Cessna. Per fortuna né il presidente, né nessun membro della sua famiglia era presente in quel momento all’interno dell’abitazione. 

Il secondo lo abbiamo pochi giorni a seguire dall’attacco precedente, il 29 ottobre 1994. In questa occasione, Francisco Martin Duran, riuscì a sorpassare la vigilanza entrando munito di armi dentro la Casa Bianca con un unico scopo: uccidere il presidente degli Stati Uniti. Grazie al rapido intervento dei Servizi si evitò fortunatamente questo scandalo. Il presunto assassino riuscì a sparare solo un colpo che che colpì una finestra nell’ala occidentale della Casa Bianca senza uccidere nessuno. 

Passato solo un anno da questo tragico fatto, il 23 maggio 1995, un uomo armato, Leland William Modjeski riuscì di nuovo a penetrare dentro la Casa Bianca ma fu nuovamente fermato in tempo grazie a un colpo di pistola al braccio. Durante la sparatoria rimase ferito solamente uno degli uomini di guardia. 

Questi sono solo alcuni dei tanti tentativi di attacco all’interno della Casa Bianca e del Campidoglio.

 

Chi sono i “cattivi” che appoggiano  Trump?

Nonostante questo passato inquietante, l’assalto del 6 gennaio ha scioccato gli americani e le persone di tutto il mondo. Il 6 gennaio 2021 un gruppo di sostenitori di Trum guidati da Jake Angeli, ha deciso di fare irruzione nel Campidoglio, lui assieme ad altri sostenitori, hanno violato molte regole portando scompiglio nella città e dando il via ad una grande protesta cittadina. La protesta è stata trainata dai “Proud Boy”, in quattro anni il presidente Trump, il più estremo pubblicizzato “Proud Boy” e il più arrabbiato sostenitore della destra americana. Ciò che a volte è inquietante è che tengono camicie mimetiche, giubbotti antiproiettile e uniformi fatte di armi, anche nelle sale del consiglio, non possono indossarle e persino mettersi in mostra ovunque. Inoltre, non stiamo parlando di associazioni convenzionali. Ci sono circa 12.000 sostenitori negli Stati Uniti e il numero è raddoppiato in tutto il mondo. Il loro obiettivo è sia il Partito Democratico (“Protesteremo contro ogni politica di Biden”) sia il Partito Repubblicano. Ciò rende il supporto che ricevono dagli attuali inquilini di “Pennsylvania Avenue” ancora più inquietante. Secondo alcuni resoconti dei media americani, tra le persone che hanno fatto irruzione a Capital Hill c’erano anche neonazisti, tra cui un uomo con una maglietta con le parole “Campo di Auschwitz” e “Cintura da lavoro”. La foto dell’uomo ha scavalcato il social network. Allora il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha presentato il disegno di legge alle mafie pro-Trump che hanno partecipato all’irruzione in parlamento il 6 gennaio.      La polizia ha arrestato Jake Angeli, uomo simbolo della giornata di disordini a Washington. In carcere è finito anche Adam Johnson, 36 anni è l’uomo immortalato mentre si porta via il podio della speaker della Camera Nancy Pelosi. Jake Angeli, seguace del gruppo complottista Qanon, in una intervista rilasciata poco prima dell’arresto, ha detto di aver contattato lui l’Fbi e di essere orgoglioso di quello che ha fatto. Johnson è stato scoperto grazie ai social media – la sua immagine è stata pubblicata lì – e portato alla prigione della contea di Pinhelas: l’uomo vive a Parrish, dove si prende cura di cinque bambini, La moglie è un dottoressa. Johnson non è affiliato a nessun partito politico e ha partecipato a tutte le ultime elezioni presidenziali; secondo alcuni resoconti dei media locali, ha una storia di abuso di droghe. Insieme a Johnson, un totale di 53 persone furono arrestate per aver attaccato Capitol Hill. In carcere, incriminato per ingresso illegale e condotta disordinata nel Capitol, è finito anche il deputato statale della West Virginia, Derrick Evans. Il Dipartimento della Giustizia ha annunciato intanto rinvii a giudizio per almeno tredici ultrà tra cui Richard Barnett, il sessantenne dell’Arkansas fotografato con i piedi sulla scrivania della Pelosi e attualmente detenuto dopo aver fatto ritorno nel suo stato di origine. Lonnie Coffman, 70 anni dell’Alabama, è stato incarcerato per aver portato armi a Capitol Hill nel suo furgone aveva due pistole, un fucile e due bottiglie Molotov. Manette anche a Christopher Alberts del Maryland che aveva con sé una pistola da 9 mm. 

 

Cosa ha portato i seguaci di Trump a entrare nel Campidoglio? 

Tra i seguaci di Trump ci sono molti americani in difficoltà economica che credono che solo questo presidente li possa aiutare a migliorare la loro condizione. Ci sono anche tanti cittadini conservatori ai quali va invece bene che l’economia funzioni come negli ultimi anni, senza concedere troppo alle classi meno abbienti. Sostengono Trump anche tante importanti famiglie della destra storica americana insediate soprattutto negli stati del sud. Gran parte di questi elettori di Trump sono rimasti delusi dalla sconfitta del loro candidato e amareggiati dalla vittoria di Biden. Nessuno di loro però ha pensato di armarsi e andare a protestare per le strade o, addirittura di assaltare Capitol Hill, la sede del congresso americano. Tra i milioni di elettori e del partito conservatore che hanno votato per Trump c’è sempre stata la buona pratica di accettare ogni sconfitta con il massimo rispetto nei confronti del vincitore, è una tradizione che gli Stati Uniti si portano dietro da decenni e coinvolge tutti gli schieramenti. Quanto accaduto il 6 gennaio 2021 è ritenuto da molti osservatori una conseguenza dell’atteggiamento poco democratico di Donald Trump, che alcuni autorevoli commentatori hanno addirittura indicato come “criminale” in questa occasione. Poco prima dell’assalto infatti Trump ha tenuto un comizio in cui ha ribadito un concetto già espresso subito dopo il voto, e cioè che Biden ha vinto le elezioni con i brogli. Le rinnovate infondate accuse hanno infuocato gli animi di una piccola parte dei suoi più accesi sostenitori. L’assalto non è stato ideato e realizzato dall’elettorato moderato di Trump che è la parte preponderante dei tanti milioni di elettori conservatori, ma da una minima parte di esagitati tra i quali molti esponenti di gruppi di estrema destra, dei cosiddetti sovranisti e dei suprematisti. Tra loro, che si tengono in contatto attraverso i social, il pensiero prevalente è che solo la razza bianca ha il diritto di governare l’America, tra loro la convinzione che nessun altro, specialmente se di origini ispaniche, africane e asiatiche, ha diritto a insediarsi nel congresso e nella Casa Bianca. 

A cura di: Aurora Bastoni, Amelia Carlevaro, Francesca Olcese, Marta Stiaccini.