Noi come Trump e l’Iran: quanto bene abbiamo perso per le nostre vendette
E’ sconcertante la storia dell’aereo ucraino con 176 passeggeri abbattuto, a questo punto certamente, dall’esercito iraniano, temendo che fosse un velivolo straniero in procinto di attaccare un obiettivo della repubblica islamica.
Vendetta
Sconcertante per diversi motivi: anzitutto c’è il tema della vendetta; se infatti gli Iraniani cercavano vendetta, ciecamente si sono lasciati guidare da un istinto di morte che li ha portati ad uccidere dei loro connazionali e dei civili di altre nazioni, ma non i responsabili di coloro che quel male lo avevano inflitto. E qui viene in mente un antico adagio: quando vuoi vendicarti prepara sempre due tombe, una per la tua vittima e una per te. La vendetta è una spirale che va fermata e il passaggio dalla vendetta alla giustizia è ciò che ha certificato uno dei più importanti salti nell’evoluzione culturale della nostra specie.
Clima di guerra
In secondo luogo c’è un altro tema che lascia sconcertati: il clima di guerra; è per quel clima di guerra e di sospetto ingenerato nei giorni dell’attacco di Trump all’Iran che quell’innocuo aereo è apparso come una minaccia. La paura e il terrore generano irrazionalità e scelte sconsiderate: a pagare quel clima non è mai chi lo genera ma sempre qualcuno di innocente, qualcuno che nella storia emerge come “danno collaterale”. Questa volta i danni collaterali sono stati 176, nel completo disprezzo della vita umana rispetto alle strategiche e ideologiche motivazioni dei due fronti. Sulla postazione che ha lanciato quel missile c’è la mano degli iraniani che cercavano vendetta, ma c’è pure la mano di Trump che ha generato il clima di guerra.
Strategie che ci appartengono
Infine, una parola va certamente detta su come queste logiche sconcertanti non appartengano solo a Trump o agli iraniani, ma sono pane quotidiano di ciascuno di noi: quanti innocenti, penso ai bambini, sono vittime delle nostre battaglie matrimoniali, quanti innocenti – penso adesso a molti amici – sono vittime delle nostre piccole/grandi guerre. Quanto bene abbiamo perso per cercare di avere ragione, di essere riconosciuti dalla parte del bene, per vendicarci. Quanta vita è diventata “danno collaterale” delle nostre schermaglie, delle nostre affermazioni di principio, del nostro clima di guerra. Quanto tempo perso di fronte al bisogno di bene che ci portiamo dentro e di fronte all’eternità.
In un tempo di guerre, l’uomo coraggioso è colui che osa la pace, osa il perdono, osa il silenzio di chi osserva le ferite della vita e sceglie semplicemente di curarle. Senza farle pagare a nessuno.