ABORTO/Dall’Argentina una rivoluzione per il Sudamerica

Ci troviamo in Argentina, dove il 29 Dicembre 2020, dopo anni di lotte, è stato legalizzato l’aborto fino alla quattordicesima settimana di gestazione. Stiamo parlando di una grande conquista ed evoluzione per il paese che, fino a meno di una settimana fa, con una legge risalente al 1921, equiparava l’interruzione volontaria di gravidanza a un vero e proprio omicidio.

Il Senato si è riunito a Buenos Aires (capitale argentina) dove, dopo ben 12 ore di accesi dibattiti sulla questione, si è giunti all’approvazione della nuova legge con 38 voti a favore, 29 contrari e un’astensione. Siamo davanti ad un paese altamente influenzato dalla tradizione Cattolica; a questo si aggiunge una società ancora con forte retaggio maschilista.

Non è la prima volta che in Argentina le due Camere discutono del tema; già nel 2018 alla Camera dei Deputati era stato presentato, e in seguito approvato, un progetto di riforma. Tutto si concluse con la bocciatura da parte del Senato.

Durante l’ultima votazione, nella piazza antistante il Parlamento, si sono contrapposti cortei di persone pro e contro alla legalizzazione dell’aborto, che seguivano la riunione su un grande schermo. L’opposizione era composta in gran parte da persone cattoliche ed evangeliche, che, vestite di azzurro, sollevavano cartelli richiamanti “la voce di bambini non nati”. La senatrice Inés Blas, contraria all’approvazione della legge, ha affermato che l’interruzione di gravidanza è da considerare una vera e propria tragedia, che interrompe una vita sul nascere.

Sull’altro versante c’era il gruppo pro aborto, con manifestanti vestiti in verde, che sventolavano bandiere e cartelli nella speranza che la loro voce venisse ascoltata. Significative sono le parole della senatrice Silvina Garcìa Larraburu, che nel 2018 aveva votato contro il disegno di legge. “Il mio voto è a favore di tutte le donne libere, libere di decidere secondo la loro coscienza”, questa è stata la sua dichiarazione.

Il punto è proprio questo: prevedere la possibilità che siano le donne a scegliere che cosa fare della loro vita e del proprio futuro, senza essere colpevolizzate dall’assetto della società, dal sentire sociale. Spetta poi a loro elaborare individualmente la loro scelta, in quanto è giusto riconoscere che ognuno di noi vive situazioni personali differenti che vanno rispettate.