ATTIVISMO E ARTE/Il fine giustifica i mezzi?

Alla National Gallery di Londra, due attiviste dell’associazione ecologista “Just stop oil” hanno lanciato della zuppa di pomodoro contro il quadro “girasoli” di Van Gogh, per poi incollare le proprie mani al muro del museo. L’opera, protetta da un vetro, non ha subito alcun danno. Le due ragazze, prima di essere portate via, hanno gridato: “preferite l’arte o la vita?”

L’atto non è un caso isolato: questo tipo di attivismo consiste nel vandalizzare opere d’arte con l’obbiettivo di sensibilizzare sul cambiamento climatico, ed è un fenomeno che sta diventando sempre più frequente in tutta Europa.

Il 29 maggio al Louvre di Parigi un ragazzo, fingendosi in sedia a rotelle, avevano lanciato una torta contro la Monna Lisa, per poi urlare frasi a favore della protezione del pianeta.

In Italia, il 22 luglio agli Uffizi di Firenze due giovani avevano incollato le loro mani al vetro che protegge la Primavera di Botticelli. Circa un mese dopo, il 18 agosto alcuni attivisti del gruppo “Ultima Generazione” sono entrati ai Musei Vaticani per attaccarsi alla statua del Laocoonte esponendo un cartello contro gas e carbone.

È evidente che azioni di questo tipo riescano ad attirare una grande attenzione mediatica, ma rischiano di creare l’effetto contrario rispetto a quello voluto. Anche se tutti gli attivisti si sono preoccupati di non recare nessun danno alle opere (sempre protette da teche), il gesto di “vandalizzare” quadri e statue dal valore culturale inestimabile porta all’indignazione e all’odio di gran parte dell’opinione pubblica.

Per una minoranza di persone, atti così eclatanti sono l’unico modo con cui far parlare del cambiamento climatico. Queste due ragazze in pochi giorni sono riuscite ad attirare su di sé l’attenzione mediatica che la comunità scientifica non è riuscita ad ottenere in trent’anni sul tema del cambiamento climatico.

Il fatto è che chi agisce in questo modo causa più rabbia e indignazione che un’effettiva consapevolezza sulle questioni ambientali nella maggior parte delle persone, rischiando di allontanare la gente dal tema piuttosto che avvicinarla.

Per questo motivo, anche tra gli attivisti stessi c’è divisione: chi combatte per la stessa causa, ma in maniera diversa sostiene che agire in questo modo metta “in cattiva luce” tutti gli ambientalisti e non solo i singoli individui che vandalizzano le opere. Spesso si tende a generalizzare e le azioni di una cerchia ristretta di persone diventano per l’opinione pubblica azione di tutti gli attivisti climatici.

Se Greta Thunberg è riuscita ad accrescere il dibattito politico mondiale sui temi ambientali semplicemente stando seduta davanti al parlamento svedese, è davvero necessario prendersela con l’arte per farsi sentire?