BIELORUSSIA/Quando svolgere il proprio lavoro diventa reato

Da più di sei mesi in Bielorussia sono in corso proteste senza precedenti contro la contestatissima rielezione del presidente Aleksandr Lukashenko, ma, per capire meglio ciò che sta avvenendo, è necessario fare un passo indietro.

I brogli elettorali e le proteste

È il 9 agosto 2020, data delle ultime elezioni presidenziali in Bielorussia, e, ancora prima della chiusura delle urne, è stato riconfermato per la sesta volta consecutiva (è in carica dal 1994) l’attuale presidente Aleksandr Lukashenko, definito dagli Stati Uniti “l’ultimo dittatore d’Europa”. Nel corso della serata è stata riconfermata la vittoria dell’attuale presidente con un grande consenso popolare, nonostante sembra che i voti a suo favore siano stati circa il 3%, e la schiacciante sconfitta della sfidante Tichanovskaya alla quale è stato attribuito il 9.9% contro il 70/80% che alcune stime le avrebbero attribuito. Le conseguenze sono state inevitabili, anche se prevedibili. Migliaia di cittadini sono scesi nelle piazze delle principali città bielorusse e hanno protestato a gran voce, ma sempre pacificamente, contro evidenti brogli e frodi elettorali. E le proteste non si sono mai fermate.

Con questo sforzo storico e senza precedenti, i bielorussi manifestano con grande determinazione la volontà di diventare cittadini e non più sudditi, di riacquistare la libertà che hanno perso da ormai vent’anni e di distruggere le catene dell’autoritarismo che gli impone di non essere unici padroni del loro destino e di quello del loro paese.

Durante le proteste sono state avviate ondate di perquisizioni e nel mirino sono soprattutto sindacalisti, attivisti per i diritti umani e giornalisti; tra essi vi sono anche Katerina Bakhvalova (27 anni) e Daria Chultsova (23 anni).

Chi sono Katerina Bakhvalova e Daria Chultsova

Queste due ragazze sono reporter di Belsat TV, canale televisivo fondato in Polonia da giornalisti bielorussi e polacchi per coprire la situazione del paese di Lukashenko.

Tutto nacque nel novembre scorso quando le due ragazze si trovavano nel loro appartamento, nonché redazione, a Minsk, da dove godevano di un’ottima vista sulle proteste svoltesi anche quel giorno. I manifestanti scesero in piazza per chiedere il ritorno della democrazia e, con essa, il ritorno dei loro diritti, come accadeva ormai da mesi. Le due reporter non fecero altro che svolgere il loro lavoro da giornaliste e, in quanto tali, filmarono ciò che accadde sotto i loro occhi, compreso il violentissimo sgombero da parte della polizia.

Gli investigatori che si occupano di questo caso sostengono che, in quell’occasione, le due giornaliste abbiano incoraggiato i disordini che quel giorno hanno dato vita a preoccupazioni in città.  Per questo, le due ragazze sono state arrestate e il 18 febbraio sono state condannate ufficialmente a 2 anni di detenzione.

Mentre il loro avvocato ha annunciato che farà ricorso per il verdetto, in questi giorni ci sono stati altri arresti e le forze di sicurezza bielorusse hanno fatto irruzione negli uffici e nelle case di altri giornalisti, attivisti per i diritti umani e sindacalisti. Si stima che finora siano state arrestate più di 33.000 persone e che siano morti 4 manifestanti.

Da una dichiarazione rilasciata al tribunale e riportata dalla BBC, Katerina Bakhvalova ha lasciato intendere che non si ritengono minimamente colpevoli del reato di cui sono state accusate e che considera la sua condanna motivata politicamente. Le due giornaliste e tutta la difesa sostengono, infatti, che i manifestanti si trovassero già in piazza al momento delle riprese e che le dirette delle due giovani non abbiano potuto in nessun modo incitare alle proteste, in quanto, in quelle ore, le autorità avevano già bloccato l’accesso al web nella capitale.

Nonostante ciò, Katerina e Daria rimangono in prigione e, nelle foto scattate durante l’ultima giornata del processo, si mostrano sorridenti e solidali l’una con l’altra, scambiandosi un abbraccio e facendo il segno della vittoria con le dita, come a dire “Lukashenko non ci spezzerà”.

BIELORUSSIA/Quando svolgere il proprio lavoro diventa reato

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