NEWS IN CAMPO MEDICO/Robot Nao, un aiuto per il futuro

Chi è Nao? 

Nao è un robot dalle sembianze umane di taglia media, autonomo e programmabile. È alto 58 cm e pesa all’incirca 4,3 kg. 

Ha venticinque gradi di libertà che gli consentono di muoversi e di adattarsi all’ambiente in cui si trova. È dotato di sette sensori tattili posizionati sulla testa, sulle mani e sui piedi e di un’unità inerziale che dà informazioni su posizione, velocità e accelerazione. Nao ha quattro microfoni direzionali e altoparlanti che gli danno la possibilità di interagire con le persone e grazie a un riconoscimento vocale è capace di capire venti lingue differenti. È fornito di due telecamere 2D per distinguere e riconoscere forme, oggetti e persone. Per finire ha una piattaforma open source, modificabile o migliorabile, da parte di chiunque, completamente programmabile.

Perché è stato creato? 

Il robot Nao è entrato per la prima volta al mondo in una struttura riabilitativa, per prender parte a un trattamento sperimentale nell’ambito di una ricerca sul disturbo dello spettro autistico.                                                                              Il progetto ha avuto origine dall’idea di unire la ricerca alla tecnologia più avanzata e metterle così al servizio della società. La sperimentazione si prefigge di coinvolgere i bambini nella fascia della prima infanzia con metodi e strategie abilitative già in corso, secondo le linee guida nazionali. Il programma di trattamento prevede l’interazione tra il robot e un gruppo di bambini autistici che seguono un percorso terapeutico presso il Centro Boggiano Pico. L’obiettivo è quello di sviluppare nei ragazzi la capacità di comprendere il punto di vista degli altri. Ogni bambino effettuerà il training per circa due mesi: in ciascuna seduta è affiancato dal robot, che praticherà interventi sulla motricità, le competenze socio-relazionali e quelle comunicative. Infatti, secondo una ricerca di Moore e Calvert, è stato rilevato che i livelli di attenzione dei bambini con autismo risultano essere maggiori quando l’istruzione viene affiancata da un supporto tecnologico (97% del tempo).  

Questo progetto rappresenta il primo passo di un percorso riabilitativo di grande complessità che potrebbe fornire ai giovani un aiuto per acquisire gli elementi di base per l’interazione sociale, migliorando sensibilmente la qualità della loro vita. D’altra parte, ed è importante dirlo, il ruolo del robot non va a sostituire quello del terapeuta, ma si aggiunge, fornendo ulteriori stimoli ai piccoli pazienti. 

Com’è stato creato e da chi? 

È stato Daniele Lombardo, l’amministratore delegato della startup a presentare per primo questo progetto al Senato della Repubblica Italiana. Inoltre, grazie a molte interviste rilasciate in questi ultimi periodi, si è potuto approfondire il lavoro e si ha avuto l’opportunità di capire il metodo che ha portato alla creazione di questo esperimento. 

Lombardo, in una delle sue interviste, afferma che, con il passare degli anni, la piattaforma è diventata un vero e proprio metodo. Per trasformare la robotica in un metodo terapeutico e formativo, sono stati necessari numerosi incontri con degli esperti. Inizialmente vi era il problema di entrare in contatto con i robot;  soltanto con l’aiuto di un informatico si sarebbero potuti interpretare alcuni segnali o metodi di utilizzo. Quello che mancava era un’interfaccia utente che consentisse di utilizzare il robot come se fosse un computer.

Con il passare del tempo si è capito che per un bambino con problemi di autismo, nonostante gli insegnanti possano essere molto capaci ed esperti, talvolta è più facile interagire con un oggetto che con una persona, forse anche per il fatto che questo riesce ad attirare di più la loro attenzione. 

Sono inoltre stati effettuati molti esperimenti in numerose scuole di Catania che hanno deciso di affittare sia la piattaforma che il robot per riuscire a stimolare i comportamenti di alcuni ragazzini con autismo. 

C’è finalmente la forte speranza che la tecnologia, sposandosi alle nuove metodologie didattiche e alla psicoterapia, possano dare la svolta decisiva per comprendere un mondo che per alcuni versi è ancora molto, troppo oscuro.

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