PEPPINO IMPASTATO/71 anni dal suo assassinio

La settimana appena trascorsa di settantuno anni fa fu, forse, la peggiore del 1978. L’8 e il 9 maggio, infatti, morivano due grandi persone: Aldo Moro e Giuseppe Impastato. Se la storia di Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse e ucciso 55 giorni dopo, è abbastanza conosciuta, quella di Impastato lo è di meno.

La vita:

Giornalista siciliano nato a Cinisi (Palermo), figlio di una famiglia legata alla mafia, Giuseppe, conosciuto come Peppino, osò sfidare dalla sua radio, Radio Aut, la mafia.

Rotti ben presto i rapporti con il padre, fondò il giornale “Idea Socialista”, e pochi anni dopo fu in prima linea nell’aiutare i suoi concittadini espropriati per costruire l’aeroporto di Punta Raisi. Si candidò nel ’76 nella liste di Democrazia Proletaria per le elezioni regionali.

Con la sua radio, nata l’anno seguente, fece varie volte i nomi dei mafiosi coinvolti nelle sue ‘indagini’; intanto, come diceva sempre lui, ”non vi temo”.

L’omicidio:

Per questo fu ucciso, a soli 30 anni.

Il suo omicidio però fu camuffato da suicidio. Solo grazie ai suoi compagni ed amici si riuscì ad arrivare alla verità.

Sia i mandanti che gli esecutori credevano che il ritrovamento del corpo di Moro potesse, come in parte è poi accaduto, coprire la notizia della morte di Peppino.

Si sbagliavano: l’anno dopo, proprio il giorno della morte di Giuseppe, si tenne sul luogo dell’omicidio la prima grande manifestazione contro la mafia, alla quale parteciparono 2000 persone provenienti da tutta l’Italia, numero per l’epoca molto importante.

Fu una di quelle manifestazioni che cambiano o, meglio, cercano di cambiare la coscienza della gente, e in parte ottenne il suo scopo.

Il discorso degli amici:

Il giorno della morte di Peppino i suoi amici, parlando a Radio Aut, tennero un discorso che merita di essere citato:

Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale. Non ci sarà nessun comizio e non ci saranno più altre trasmissioni. Peppino non c’è più, è morto, si è suicidato. No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così. Lo dicono i carabinieri, il magistrato lo dice. Dice che hanno trovato un biglietto: “voglio abbandonare la politica e la vita”. Ecco questa sarebbe la prova del suicidio, la dimostrazione. E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa?

Se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto intorno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari.
Suicidio. […]
Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione. Anzi non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante: il ritrovamento a Roma dell’onorevole Aldo Moro. […]
Ma chi se ne frega di questo Peppino Impastato. Adesso fate una cosa: spegnetela questa radio, voltatevi pure dall’altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose, si sa che niente può cambiare. […]
Domani ci saranno i funerali. Voi non andateci, lasciamolo solo. E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma no perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia.
E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso, tu sei stato un ingenuo. Sei stato il nulla mischiato con il niente”.