#tbt/Elefanti sul ponte

di Serena Parodi

– Da quando la scuola ha assunto la forma che noi tutti conosciamo, centinaia di generazioni sono rimaste affascinate dalla storia di Annibale che attraversa le Alpi con i suoi trentasette prodi elefanti e riesce a sconfiggere i Romani. In realtà, la parte interessante è solo quella sugli elefanti. Nessuno riusciva a capacitarsi di come così tanti elefanti avessero potuto compiere un viaggio così lungo. Ma cosa c’entra tutto ciò con uno dei ponti più famosi al mondo, ovvero il Ponte di Brooklyn a New York? Partiamo con ordine. La storia di questo ponte, il primo a collegare l’isola di Manhattan con il quartiere di Brooklyn, è piuttosto travagliata. Il progetto fu commissionato negli anni ’60 dell’ottocento dall’allora presidente a stelle e strisce Ulysses S. Grandt, che sborsò la bellezza di quindici milioni e mezzo di dollari dell’epoca, roba da far accapponare la pelle a noi genovesi parsimoniosi. I cantieri furono aperti il 3 gennaio 1870 e durarono circa una decina d’anni, fino all’inaugurazione del 24 maggio 1883. Furono dei lavori alquanto tragici; dei 600 operai, ben 27 persero la vita. Anche lo stesso John Roebling, progettista, morì sul posto. A prendere le redini del progetto furono il figlio Washington e la coraggiosa moglie Emily, la quale prenderà il pieno controllo del progetto dopo che il marito rimarrà paralizzato a causa di un’embolia gassosa e sarà addirittura la prima a compiere la traversata inaugurale della struttura a piedi. Questo maestoso ponte, il primo in acciaio, che è divenuto con il tempo un simbolo della città di New York al livello delle Torri Gemelle e della Statua della Libertà, fu inizialmente accolto con scetticismo dai cittadini newyorkesi. Certo, aveva cinque corsie, di cui due dedicate al transito delle carrozze, due al transito delle cabine della teleferica e una ai pedoni, ed era un’innovazione quasi storica; ma per chi era abituato ad attraversare l’East River in traghetto, questa costruzione sospesa doveva essere spaventosa. Infatti, durante il Memorial Day dell’anno dell’inaugurazione, le urla disperate di una donna il cui tacco era rimasto incastrato tra le assi della corsia pedonale, scatenarono un fuggi – fuggi generale di persone spaventatissime in cui ci furono circa dodici vittime. A questo punto entrarono in gioco gli elefanti; per non perdere circa sedici milioni di dollari e tredici anni di lavori, e per tranquillizzare le persone sul fatto che il ponte fosse perfettamente stabile e a norma, fu deciso di farlo attraversare a Jumbo e i suoi venti compari elefanti, che lasciarono il tendone di un circo di New York e con tutta la calma del mondo riuscirono a compiere una traversata memorabile uscendone sani e salvi. A questo punto, con i cittadini felici e contenti, il ponte iniziò finalmente ad essere pubblicizzato. La pubblicità che, anche se in ritardo di circa un secolo, fece più scalpore fu quella delle gomme da masticare Brooklyn, il cui slogan, “Brooklyn, la gomma del ponte”, fu ideato dal pubblicitario italiano Daniele Oppi. Insomma, come ogni favola che si rispetti, anche quella del ponte e dei suoi attraversatori finì con un “e vissero felici e contenti”.

Andate sulla pagina facebook di Sharing per vedere un breve video sull’argomento realizzato da Martino Bravin!