BALCANI/Le conseguenze di un inquinamento inarrestabile

Nelle stagioni umide, la spazzatura viene lavata via dalle discariche illegali lungo il fiume Drina, in Bosnia-Erzegovina, e nei suoi affluenti a monte, in Serbia e Montenegro. I rifiuti alla deriva sono fermati da una fragile barriera galleggiante vicino alla città di Višegrad.

L’attivista ambientale bosniaco Dejan Furtula ha studiato questo disastro ecologico per oltre un decennio: “Questa situazione ha un enorme impatto sulla biodiversità locale – le microplastiche vengono assorbite dallo stesso pesce che mangiamo anche noi. Dato che qui non abbiamo infrastrutture di riciclo operative, una volta raccolta la spazzatura viene semplicemente bruciata nell’impianto di smaltimento del Comune. I residenti sono costretti a respirare i gas emessi dal processo di combustione”.

A causa delle forti piogge, le inaffidabili barriere galleggianti sono di nuovo crollate, per la seconda volta da gennaio. L’immondizia continua ad andare liberamente alla deriva a valle. Ogni anno si affronta la stessa situazione. Una seconda barriera è stata installata due chilometri più a valle per evitare che i rifiuti rallentino le operazioni della locale diga idroelettrica. Ogni anno vengono raccolti qui tra i 6.000 e gli 8.000 metri cubi di rifiuti galleggianti. Gli ambientalisti denunciano che la situazione è critica da 25 anni.

“Mi aspetto che facciano più cose – ribadisce l’ambientalista Dejan Furtula – sappiamo che l’anno scorso c’è stato un incontro, qui a Višegrad, con i ministri dell’ecologia di Montenegro, Serbia e Bosnia ed Erzegovina. Ma non è successo niente. Sono passati quasi 2 anni ed eccoci di nuovo qui, di fronte allo stesso problema. Penso che dovrebbero essere più responsabili nei confronti della nostra salute e delle persone che vivono qui”.

Si pensa infatti che la causa di questo fenomeno artificiale di inquinamento sia la mancanza o la scarsità di interventi di cooperazione regionale sulla zona. E potrebbe essere la conseguenza di una mancanza di risorse. “Bisogna mettere le persone in grado di gestire correttamente i rifiuti con mezzi adeguati – dichiara Radusin – secondo alcune stime, solo il 60-70% del nostro territorio è dotato di infrastrutture adeguate per una gestione responsabile dei rifiuti di plastica”.

La situazione è altrettanto critica oltre il confine, in Serbia, sul fiume Lim.
Secondo Siniša Laković, “le sanzioni darebbero risultati. Se tutti quelli che gettano la spazzatura venissero puniti e multati, questo aiuterebbe a sensibilizzare e a educare al problema. La gente capirebbe che lo stiamo facendo non solo per noi stessi, ma anche per il futuro dei nostri figli e nipoti”. Nell’attesa che soluzioni efficaci prendano piede, i residenti si vedono intrappolati in una situazione di stallo multilaterale senza fine.

Da bambina, Edita Slatina veniva spesso al fiume Lim per i fine settimana di svago con i suoi genitori. Ora, questa consulente finanziaria di 28 anni dice che è triste portare suo figlio in un luogo diventato discarica.
“Vorrei che questo posto fosse memorabile anche per mio figlio – si dispiace Edita – vorrei che lui potesse venire qui nei fine settimana. Nuotare qui. Pescare i pesci con suo nonno. Dobbiamo fare in modo che questo accada. Abbiamo bisogno di una soluzione il prima possibile”.

Non è un problema geograficamente così lontano come sembrerebbe a prima vista: per anni i nostri fiumi, laghi, acque marino-costiere e falde sotterranee sono stati contaminati da scarichi inquinanti, utilizzati come discariche dove smaltire i reflui delle lavorazioni industriali. Alle minacce del passato, oggi se ne aggiungono di diverse e non meno insidiose: pesticidi, antibiotici, microplastiche e creme solari. Il risultato è che in Italia circa il 60% dei fiumi e dei laghi non è in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono protetti adeguatamente. Dal 2007 al 2017 gli impianti industriali hanno immesso, secondo le dichiarazioni delle stesse aziende, ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche in fiumi, laghi, falde e mari.

L’Ue ha individuato 45 sostanze prioritarie che rappresentano un “rischio significativo per l’ambiente acquatico o proveniente dall’ambiente acquatico” che gli Stati membri sono tenuti a monitorare. Nelle nostre acque si individuano per lo più due famiglie, sostanze organiche e metalli pesanti, immesse tramite i processi produttivi o gli impianti di depurazione delle aree urbane. Manca la sensibilizzazione su certi aspetti riguardanti il rispetto che ciascuno di noi dovrebbe rivolgere alle risorse naturali e alle loro molteplici funzioni che spesso, per fenomeni come l’inquinamento, sono impossibilitate. Ridurre emissioni dannose, evitare di lasciare oggetti inquinanti e non biodegradabili su una strada, al posto che gettarla negli appositi contenitori di rifiuti, aiuterebbe.

E basterebbe davvero poco per ciascuno di noi: il minimo impegno sarebbe ripagato dalle splendide emozioni e avventure che ci regala un mondo pulito e pieno di colore.
Non dovrebbe mai essere scontato il nostro piccolo contributo.
Perché smettere di credere di poter fermare ciò che sembra irrealizzabile, proprio ora che abbiamo bisogno di certezze?

BALCANI/Le conseguenze di un inquinamento inarrestabile

SANREMO/La Liguria di Calvino