Quel compleanno a Buchenwald, Gilberto Salmoni si racconta

di Angelica Zarafa

– Qualche giorno fa abbiamo avuto la possibilità di raccogliere la testimonianza di Gilberto Salmoni, un ebreo sopravvissuto alla Shoah.
Ci ha permesso di porgli qualche domanda e di registrare le sue parole riguardo la tragedia dell’olocausto.
Ecco cosa ci ha raccontato.

Tutto iniziò nel 1944 quando il padre di Gilberto Salmoni, Renato Salmoni, venne licenziato poichè ebreo.
Renato e la sua famiglia, per evitare di essere perseguitati e catturati, cercarono un nascondiglio in casa di amici, dove rimasero due giorni. Poi provarono a raggiungere Bormio, piccola cittadina della Valtellina, per attraversare il confine e giungere in Svizzera, ma furono sorpresi dalla Milizia che consegnò l’intera famiglia nelle mani delle SS.
Dopo una breve pausa al carcere di Como e un duro interrogatorio a Milano, vennero deportati al campo di transito di Fossoli, dove rimasero due mesi. Qui la famiglia Salmoni e altri ebrei vennero smistati.

In quale campo siete stati smistati?
Io e mio fratello, Furbetto Salmoni, fummo assegnati al campo di concentramento di Buchenwald, che in tedesco significa “foresta di conifere”. Venne scelto questo nome perchè la creazione del campo determinò l’amputazione di un’intera foresta di alberi.
Invece, mia madre, mio padre e mia sorella vennero scelti per Aushwitz.

Quanti anni aveva quando ha trascorso il periodo al campo di concentramento?
Ho compiuto 16 anni al campo di concentramento e il mio diciassettesimo compleanno l’ho trascorso a Genova, al rientro in Italia.

Qual è stata la sua prima reazione? Sapeva con certezza a cosa sarebbe andato incontro?
Il mio primo pensiero è stato “ci è andata male” perchè sapevo quasi con certezza cosa ci avrebbe aspettato.

Cosa faceva al campo?
Al campo mi svegliavo alle 4 del mattino tutti i giorni. Dopo l’appello lavoravo per 11 ore e mezzo. I miei pasti solitamente erano a base di pane o margarina; al pomeriggio ci era concesso un caffè e la sera, invece, mangiavamo una minestra.
Ho lavorato quasi sempre all’aperto a eccezione degli ultimi mesi, durante i quali mi sono occupato dello scarico merce in cucina: è tutto merito di mio fratello se mi assegnarono un impiego al coperto.
Durante la detenzione mi sono ammalato di scorbuto a causa di carenza alimentare, ma mio fratello riuscì a consegnarmi alcune medicine, con cui mi curai.

Qual è l’immagine o il fatto che le è rimasto più impresso?
[sospira proforondamente n.d.r]
Mi ha fatto impressione vedere le cataste di morti lungo le strade del campo, dove negli utlimi mesi avevano accumulato i cadaveri delle vittime a causa della mancanza di carburante per i forni crematori.

Cosa direbbe a coloro che stanno maturando e manifestando pensieri inclini a xenofobia e razzismo?
Sono degli ignoranti. Non sanno ragionare e capire che siamo tutti uguali. Non esiste motivo per remare contro chi proviene da un Paese diverso da quello in cui vivi.

Abbiamo deciso di ascoltare questa testimonianza e condividerla con voi perchè non bisogna dimenticare quanto è successo, ma è necessario mantenere vivo il ricordo: non si possono rimediare gli errori commessi in passato, ma si può guardare verso il futuro con la volontà di non ripetere i medesimi.