Politica/Le Monde ipocrita: è democrazia, non populismo

Di Alberto Zali
– “Italia: una sfida mortifera contro l’Europa”: con queste parole Le Monde descrive il governo M5S – Lega che è in procinto di formarsi. Un nemico in comune: la commissione europea; spese folli e tagli alle tasse insostenibili. Dall’estero tremano e urlano al populismo.

Populismo, perché i due movimenti si sono mossi attraverso “una retorica complottista, anti-elite e anti-scientifica”. Un quadro abbastana inquietante, non trovate? Eppure Lega e Pentastellati li abbiamo votati noi. Per la prima volta dal governo Monti, siamo noi a scegliere i nostri rappresentanti. Forse è questo che spaventa l’Europa. Forse quello che grandi intellettuali chiamano populismo altro non è che democrazia. Nel frattempo, lo spread aumenta e, si sa, quando aumenta lo spread il paese va verso la crisi. Ma a cosa fa riferimento questo indicatore? Al tasso di interesse sul rilascio dei titoli di stato, ad una percezione di insicurezza che si avverte tra la popolazione: non al PIL, non al reddito procapite. Insomma, non ad un qualsivoglia indicatore determinante il benessere dello stato e dei suoi cittadini. Che non sia anche questa una limitazione alle nostre libertà di mercato?

Quello che molti economisti sembrano ignorare è che tasse troppo elevate non sono fiseologiche all’economia di uno stato. Tasse troppo elevate scoraggiano gli investimenti: imprese straniere difficilmente scelgono di avere filiali in un territorio dove oltre il 40% del ricavo è tassato; imprese italiane sempre più spesso decidono di portare all’estero le proprie sedi; i ragazzi sono scoraggiati dal mettersi in proprio. Il risultato di tutto ciò è tanto intuitivo quanto spaventoso: non c’è lavoro. Ed è umiliante che alcuni ritengono siano necessari economisti per comprenderlo. È umiliante che i suddetti economisti siano convinti che, se noi Italiani votiamo chi ci promette una soluzione, è perchè siamo stati raggirati da un’abile retorica populista. Non c’è lavoro: tassiamo le proprietà. Ma quella a cui siamo di fronte non è una redistribuzione della ricchezza: i soldi che versiamo in tasse vengono consumati per mantenere l’apparato statale. Peccato che presto o tardi siano destinati a terminare: stiamo bersagliando un denaro che ristagna. Non c’è via d’uscita se non quella di incentivare nuovi investimenti.

“Ciò che è in gioco è l’eredità dell’Europa dei Lumi” dice Le Monde. Peccato che l’illuminismo predicasse l’autonomia della ragione, la libertà, la felicità: io non vedo nessuno di questi principi applicati all’Europa di oggi. Eppure, qua non si tratta di antieuropesimo: qualunque persona con un minimo di buon senso sa che l’Italia non è in grado di affrontare i costi che comporterebbe una exit. Qualunque persona con un minimo di buon senso sa che l’Italia fuori dall’Europa sarebbe un due di picche all’interno del panorama mondiale. Qui si tratta di ascoltare i bisogni e la voce del popolo. Giambattista Vico – precursore dell’Illuminismo – diceva di non sottovalutare mai la saggezza popolare. Una saggezza meno astratta. Una saggezza che tocca con mano i problemi economici di cui tecnici e intellettuali possono soltanto speculare. Siamo sicuri che il populismo sia un problema?