#COSECHENONSIDICONO/E se succedesse a tua figlia?

infografica a cura di Isabella Mistretta

Ormai con regolarità i telegiornali mostrano foto e raccontano storie di donne rimaste vittime della rabbia incontrollabile di fidanzati, mariti e compagni.

Non sorprende neanche più sentir parlare di stalking e violenze domestiche che sfociano in scenari terribili. Per quanto ogni giorno ci venga mostrato con cruda realtà quanto la figura della donna nella società moderna sia ancora sotto enorme svantaggio da vari punti di vista, nessuno alza la voce per far sapere al mondo che la violenza su chi non ha difese è il più terribile dei crimini. Serve a poco indignarsi di fronte all’ennesimo reportage sul femminicidio se ci si rifiuta di aprire gli occhi di fronte a meno eclatanti ma altrettanto gravi segni di violenza radicata nella nostra società, che comincia quando si giustifica uno schiaffo ricevuto durante un attacco di rabbia improvvisa e continua nei lividi e negli insulti che hanno subito più di un milione di donne soltanto nel 2016.

 

Sono pochissime le persone che hanno una visione davvero chiara del numero di persone che subiscono violenze, segno che sono solo i casi estremi ad arrivare alle copertine dei giornali, mentre i fatti di scalpore minore finiscono archiviati e dimenticati nel giro di poche ore. Non si parla soltanto di una serie di spintoni tra coniugi che sfocia in una chiamata alla polizia locale, ma anche e soprattutto delle violenze sessuali, che mietono vittime a velocità sempre maggiore. Basta dare uno guardo alle statistiche più recenti per rimanere a bocca aperta: una donna su sei in America è vittima di un tentativo di stupro. Che il responsabile sia una persona già familiare alla vittima, come nella maggior parte dei casi, oppure un qualsiasi sconosciuto, una cosa è certa: si tratta di dati allarmanti. Ciò che sorprende di più, però, è che a denunciare sia meno del 3% delle vittime, in maggioranza ragazze poco più che maggiorenni.

 

Viene istintivo quindi chiedersi perché mai qualcuno dovrebbe astenersi dal parlare con la polizia, ma la risposta è proprio sotto i nostri occhi.  Ce lo mostra la serie statunitense Tredici, che racconta la storia di Hannah Baker, adolescente morta suicida, vittima dei problemi che la maggior parte dei teenager di oggi devono affrontare. La storia, raccontata da lei in prima persona, dedica gran parte della sua trama alla principale causa della sua morte: lo stupro subito da un compagno di scuola. Durante i 26 episodi andati in onda fino ad oggi, viene mostrato come denunciare sia una sfida pressoché insuperabile perché porta con sé le critiche di tutti coloro che saranno sempre pronti a puntare il dito verso la vittima, incolpandola di aver inventato tutto. È facile notare come questo meccanismo non si limiti al mondo dei giovani, ma continui anche tra gli adulti. Un esempio emblematico sono i numerosi attori, registi e cantanti accusati di stupro ma giustificati dalla maggioranza del pubblico internazionale, secondo cui si tratta solo di uno stratagemma delle giovani attrici per fare fortuna. Mentre secondo un recente studio si è appurato che il 2% delle denunce sono infondate, secondo l’opinione pubblica ben il 50% di esse sarebbe stato inventato.

Altro problema innegabile, perfettamente raccontato nel copione di Tredici, è che la pena non sia mai certa per gli autori di tali crimini. In Canada solo il 10% degli stupratori denunciati trascorre effettivamente del tempo in carcere, che si traduce in una pena che in una buona parte dei casi non supera la dozzina di mesi.

 

Migliaia di persone ogni anno vengono convinte dalla nostra società che non valga la pena di parlare perché nessuno è disposto ad ascoltare le loro richieste di aiuto. Si comincia da genitori che sottovalutano il disagio dei figli e non li invitano ad aprirsi e si continua con professori disinteressati alle storie dei propri alunni, troppo concentrati su verifiche ed interrogazioni per soffermarsi sul l’unicità di ogni studente. Quando anche lo Stato si rifiuta di dare ascolto alle voci dei più giovani, chi può alzare la voce per loro?

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