“The Pride”, il coraggio di accettare se stessi

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di Chiara Motta

Fiducia, tradimento, amore, gelosia, paura: in una parola, “The Pride”. Luca Zingaretti, nel ruolo di interprete e regista, porta sulle scene italiane un testo emblematico, opera del drammaturgo Alexi Kaye Campbell. Uno spettacolo potente, un mix perfetto e vincente tra realismo e profondità. Che cosa vuol dire amare? Due protagonisti, appartenenti a epoche diverse raccontano la loro storia di amore omosessuale, senza filtri, lasciando spazio a scene molto crude, ma vere. “The Pride” può essere quindi considerato come una una fotografia dell’amore gay in tutte le sue sfumature, anche quelle più oscure. Ma è davvero così? Nonostante l’omosessualità sia il substrato principale dell’opera, i temi trattati sono molto disparati e complicati: la ricerca di sè stessi, la sincerità, il pregiudizio. Scene delicate si alternano a momenti ironici e sfrontati, rendendo l’insieme particolarmente irriverente e provocatorio, ma anche decisamente toccante. I protagonisti sono l’emblema dell’essere umano, che, da sempre, è alla continua ricerca della sua vera identità, alternando momenti di negazione ed accettazione. Il tormento interiore che deriva dalla consapevolezza di non poter esprimere liberamente la propria individualità porta sull’orlo della follia; l’unico modo per ritrovare davvero sè stessi è mettere da parte ogni preconcetto, ed accettarsi senza tentare di forzare la propria natura. “The Pride” è un’esortazione alla comprensione, alla tolleranza e all’amore in tutte le sue sfaccettature: un tema mai come oggi attuale e fondamentale per tutta la nostra società.

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