Freud, dove mito e psicoanalisi si fondono

di Michela Cuneo

– Durante il corrente anno scolastico abbiamo studiato Freud ed essendone stata molto colpita ho deciso di voler approfondire uno dei suoi studi psicoanalisti: IL COMPLESSO DI EDIPO. È un aspetto che riguarda ciascuno di noi e che ancora oggi è molto discusso. Importante per gli studi odierni e per comprendere al meglio la psiche umana.
Sigmund Freud utilizzò il mito greco di Edipo che, ignaro delle proprie origini, uccise suo padre Laio e sposò sua madre Giocasta, per raccontare la scoperta di un universale inconscio desiderio infantile di possedere il genitore amato. Il termine complesso deve essere inteso come insieme di elementi correlati a questa fase evolutiva e tutti collegati tra loro: fantasie, desideri, angosce, conflitti interni e relativi meccanismi di difesa. Il piccolo Edipo si trovava inserito in un sistema triangolare di relazioni familiari regolate da divieti e possibilità, in ragione del ruolo di ciascuno. La proibizione dell’incesto, culturalmente trasmessa, impedisce l’intimità proprio con i primi oggetti d’amore. Il bambino dovette confrontarsi con il conflitto tra il divieto dell’incesto e il tumulto delle proprie pulsioni e con una serie di angosce connesse alle sue fantasie, consce e inconsce, di possedere l’amato e sbarazzarsi del rivale. Infatti, per il suo desiderio di prenderne il posto ne teme la rappresaglia e poiché il rivale è, allo stesso tempo, oggetto d’amore, il desiderio di sopraffarlo scatena l’angoscia di perderlo.

La fantasia peculiare del piccolo maschio in tale momento dello sviluppo è l’angoscia di castrazione, cioè quella di essere evirato come punizione dei suoi desideri incestuosi. Freud e i primi psicoanalisti indagarono il complesso del bambino maschio; lo sviluppo psicosessuale della bambina venne delineato secondo una sbrigativa simmetria: la femmina sarebbe caratterizzata dall’invidia del pene anziché dall’angoscia di castrazione. I primi seguaci di Freud introdussero la denominazione di complesso di Elettra, che non ebbe però molta fortuna. Il processo di sviluppo psicosessuale della donna è uno dei temi che infatti ha subito maggiori revisioni nella psicoanalisi moderna.

Il modo, più o meno felice, in cui il complesso viene affrontato e superato dipende dallo svolgimento delle precedenti tappe evolutive e da come i due genitori costruiscono il rapporto tra di loro e con i figli. La rinuncia ai desideri edipici, amorosi e ostili, può avvenire solo attraverso un’identificazione con i genitori e l’interiorizzazione del divieto. In questo modo si costituisce il Super-Io che rappresenta il fondamento intrapsichico della coscienza morale e che svolge un ruolo al tempo stesso normativo, punitivo e protettivo. L’identificazione con i genitori a livello edipico, riconosciuti come persone separate da sé e distinte tra di loro trasforma la loro precedente idealizzazione in ideale dell’Io e la paura di essere punito lascia posto al senso di colpa. Il bambino passa dall’aspirazione di possedere i genitori a quella di essere come loro. Il piccolo Edipo ora è consapevole di essere soltanto un bambino e di non poter fare tutto ciò che il genitore fa: alcune cose rimangono prerogative dell’adulto ed egli potrà acquisirle solo dopo aver portato a termine il compito evolutivo, perciò dopo l’asdolescenza. Dopo il quinto anno di vita, il complesso e le fasi precedenti della sessualità infantile, per effetto della rimozione, divengono oggetto dell’amnesia infantile. Inizia così la fase sessuale nella quale i bambini sono per qualche tempo impegnati soprattutto nelle vicende scolastiche e nella scoperta del mondo esterno alla famiglia.

Nell’adolescenza il compesso avrà una reviviscenza, esprimendosi nelle relazioni esterne e avviandosi, nei casi più felici, alla sua conclusione. La misura in cui viene risolto è più o meno evidente nel comportamento e nella scelta del partner amoroso. Esso costituisce un passaggio fondamentale della crescita perché l’onnipotenza, caratteristica delle fantasie consce e inconsce dell’infanzia, incontra il limite del divieto che costringe a rinviare il soddisfacimento delle pulsioni e a sviluppare desideri che, più tardi, devono essere rivolti all’esterno della famiglia. Sia nella normalità che nella patologia, ciò rimane l’elemento strutturante come premessa della possibilità di distinguere il ‘buono’ non solo dal ‘cattivo’, ma anche dal ‘bene’: ciò che è buono o piacevole diviene ‘male’, cattivo, dopo il divieto di possedere il corpo del genitore amato. Infine, rappresenta un momento cruciale in cui si sanciscono le differenze tra sessi e generazioni e si influenza la natura delle relazioni e dell’identità sessuale, la formazione di fantasie e attività sessuali.

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