Omesessualità & Sport/Insieme per essere se stessi

Di Carlotta Desirello e Carlotta Rissetto

-Anche nello sport, come in tutti gli altri campi della vita, non dovrebbero esserci discriminati ed esclusi. 

L’omosessualità nello sport

La discriminazione verso l’omosessualità è una questione sempre più attuale e discussa. Si sente frequentemente parlare di ragazzi che soffrono di bullismo per il loro orientamento sessuale e quindi sono restii a fare coming out. Il coraggio lo trovano spesso grazie a personaggi noti che escono allo scoperto e provano a dare una scossa. Per loro però non è facile perché, se un ragazzo comune può subire le maldicenze di alcuni compagni, uno famoso quelle di milioni di persone. Gli sportivi, in particolare coloro che praticano una disciplina di squadra, dichiarando la propria omosessualità potrebbero ritrovarsi in una atmosfera ostile e soffrire prese in giro da parte di allenatori, dirigenti o colleghi, che non controllate possono anche portare a una grave depressione e al suicidio, come è accaduto a Justin Fashanu nel 1998. Per questo motivo si è più volte consigliato di mantenere il segreto, in modo da condurre una carriera tranquilla, ma forse è arrivata l’ora che queste persone possano mostrarsi per come sono realmente, eliminando i pregiudizi e l’unica soluzione consiste nel rimanere uniti, lasciando un segno. È questo l’intento di Gregg Clarke, presidente della Football Association, che invita tutti i calciatori, che se la sentono, a fare coming-out all’inizio della stagione, in modo da affrontare le conseguenze insieme. Che non sia questa la scossa che serve per portare le persone a ribellarsi contro il bullismo verso chi è considerato “diverso” per il suo orientamento sessuale? Infondo siamo tutti diversi e nessuno ha il diritto di discriminare un altro.

Quando la religione rischia di separarci

Vi sono tuttavia altri generi di discriminazione, uno fra i quali è quello per religione. Proprio pochi giorni fa, in Svizzera, si è presentato il caso di due ragazze musulmane obbligate a partecipare ad una serie di lezioni di nuoto impartite dalla scuola agli scolari delle elementari. I genitori delle ragazze,nolenti della partecipazione delle figlie al corso misto, già nel 2008 avevano motivato la loro decisione con la volontà di educare le figlie in modo conforme ai precetti del Corano e temendo inoltre che le figlie finissero vittime di discriminazione. I due, affermando che i corsi fossero secondo loro inconciliabili con il concetto di pudore che volevano trasmettere alle figlie, decisero di attuare un ricorso che gli fu più volte bocciato nel corso degli anni.
Nella sentenza del 10/01/17, la Corte afferma che le autorità sono tenute a far prevalere l’obbligo per i bambini di seguire integralmente la scolarità e il successo della loro integrazione sull’interesse privato dei genitori.
Si può pensare che i genitori fossero anche spaventati dalle possibili prese in giro verso le ragazze, ma la corte europea vuole far capire che bisogna cercare di restare uniti il più possibile e non portare le persone a sentirsi differenti.