LOLITA/Si può veramente parlare di incitazione alla pedofilia?

Correva l’anno 1955 quando Vladimir Nabokov, uno dei maggiori scrittori appartenenti al secolo scorso, pubblicò la sua opera maestra: “Lolita”.

Il libro parla principalmente della singolare e maniacale relazione tra Dolores, piccola bambina appena dodicenne all’inizio del libro, e il dotto Humbert, ossia il patrigno. La piccola Dolly, conosciuta anche con il nomignolo “Lo”, “Carmen”, o più notoriamente “Lolita”, si comporta come una normalissima ragazzina della sua età farebbe, con la sola differenza che condivide il letto, anche se solo sporadicamente, con un ultra quarantenne, il quale rimane ammaliato dal fascino e dalla figura della sua piccola “ninfetta”.

Le critiche rivolte a questo libro

Alcune persone direbbero, leggendo esclusivamente questo brevissimo riassunto della trama del libro, che una tale opera sarebbe disgustosa alla lettura, dato il tema molto scottante e scandaloso, e che parlare di una bambina così affermata sul piano sociale sarebbe un tremendo esempio per le generazioni a venire. Ecco, l’errore sta proprio qui.

Molte delle critiche portate a questo libro convergono in un unico punto comune: “Lolita” esalta la pedofilia e la rende affascinante. Ciò viene sostenuto perché l’opera è raccontata da Humbert stesso, ossia un narratore interno e in prima persona. Detto questo, mi pare palese il fatto che il punto di vista dal quale viene letto il libro sia proprio quello della persona che trova la figura della dodicenne affascinante e attraente, portando il lettore ad un’immedesimazione nel patrigno di Dolores.

Il reale intento dell’autore

Tuttavia, ciò non significa che l’intento di Nabokov sia stato quello di rendere la pedofilia accattivante e attraente, e questo ci viene detto dallo scrittore stesso nella conclusione aggiuntiva al libro, pubblicata per la prima volta nel 1956: “Lolita non ha assolutamente nessuna morale e nessun intento specifico”.

Direi che, in questo caso, la chiarezza trionfa su tutto.

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