RAZZISMO/L’ipocrisia degli europei

Durante questi ultimi mesi si è sentito molto parlare del Black Lives Matter (BLM) – letteralmente “le vite dei neri contano” – un movimento attivista internazionale originato dalla comunità afroamericana, impegnato nella lotta contro il razzismo. Il movimento è nato nel 2013, in seguito all’assoluzione di George Zimmerman, che uccise Trayvon Martin, diciassettenne afroamericano, il 26 febbraio 2012. È da quella data che iniziò a comparire sui social l’hashtag #BlackLivesMatter, da cui poi ebbe origine il movimento.

Le radici profonde del razzismo

Dobbiamo ricordare che negli USA il razzismo ha radici molto profonde: la tratta degli schiavi africani dell’800 strappati alle loro terre per coltivare i campi di cotone dei ricchi possidenti americani, il Ku Klux Klan (KKK), movimento razzista estremista molte volte dato per sconfitto ma mai definitivamente cancellato, e la sensazione radicata che le persone di colore siano da considerare come una “presunzione di pericolo” solo perché immigrati, stranieri e pertanto inferiori.

Le proteste dopo l’assassinio di George Floyd

Quando il 25 maggio 2020 venne ucciso brutalmente George Floyd, soffocato da un poliziotto con un ginocchio per più di 9 minuti, il BLM era già un movimento attivo nello strato sociale afroamericano degli USA. I giorni successivi l’uccisione di Floyd, iniziò una vera e propria rivolta, le proteste infiammarono le città americane e non solo, infatti il movimento e le ondate di protesta arrivarono, seppur in modo meno violento, anche in Europa.

L’ipocrisia degli europei

Anche in Italia purtroppo sono avvenuti parecchi casi di razzismo: 7.426 in 18 anni. Già nel 1950 Aimé Césaire, uno tra i più importanti intellettuali postcoloniali, accusava di ipocrisia gli europei. Nel suo discorso sul colonialismo denunciò che razzismo e colonialismo fossero ampiamente accettati nell’Europa illuminata, umanista e cristiana.

In Italia il razzismo riguarda più persone di quanto si pensi. Ricordando l’ultimo caso, Willy Monteiro Duarte, il ragazzo di 21 anni con origini capoverdiane ucciso a Colleferro il 6 settembre, si capisce che il razzismo è ancora presente e, forse, in incremento nella nostra nazione. Partendo da una semplice battuta, fino ad arrivare all’omicidio, il caso Duarte dimostra che l’Italia è ancora sommersa di atti razziali che, anche se piccoli nella maggior parte dei casi, possono emarginare una persona, facendola sentire sbagliata.

Il razzismo in Italia ai giorni nostri

La Spezia, sul Frecciabianca Roma/Genova, un inserviente in servizio insulta pesantemente una ragazza facendo riferimento alla sua provenienza (africana).

Aprilia, un italiano di 39 anni viene arrestato per aver picchiato un bengalese. I testimoni oculari parlano di una violenza feroce avvenuta nei confronti dell’immigrato mentre transitava davanti all’aggressore seduto al bar.

Rivalta (Torino), in un centro commerciale, il proprietario e il dipendente di una pizzeria kebab vengono insultati con frasi razziste e picchiati a sangue da un 33enne che distrugge anche il locale.

Loano (Savona) “Sporchi la divisa che indossi”, sono le parole rivolte ad un 25enne volontario originario del Ghana, che indossava la divisa della Croce Rossa, un’istituzione che soccorre ed assiste chi ha bisogno in tutto il mondo.

Roma, sul cofano della propria auto un medico di colore, trova un insulto rivolto alla sua etnia, inciso presumibilmente con una chiave.