Tutto il dolore del Natale

di Federico Pichetto

– Qualcosa di doloroso sta accadendo proprio in questi istanti sotto i nostri occhi, qualcosa di cui tutti – in un certo senso – portiamo una parte di responsabilità. I regali di Natale, la frenesia tra le vie del Centro, gli aperitivi, gli scambi d’auguri ad ogni angolo della strada, le luci: tutto sembra essere concepito per far festa. Solo che questa festa è diventata qualcos’altro, è diventata un simbolo, un modello ideale fondato sull’amicizia, sugli affetti, sul “diritto ad essere felici”.

Ed è proprio qui che le cose cominciano a non funzionare, dal momento che molti di noi non hanno il cuore pronto per tutto questo. Basta essere stati lasciati dalla moglie o dal fidanzato, basta trascorrere il primo Natale dopo un brutto litigio, ammalati o in forte difficoltà economica, basta che qualcuno non ci sia più perché morto o lontano, che tutto diventa un sottile ma inesorabile incubo.

E così il Natale, da ricorrenza buona e importante per la vita, si trasforma in un grande dolore, in un grande giudizio su quello che “io sono” e su quello che “mi manca”. Ascoltando spesso i ragazzi si vede nei loro occhi il dolore per i genitori distanti o incomprensibili, per le violenze psicologiche subite in conseguenza di separazioni o di litigi, per l’ipocrisia dei parenti e degli amici, per la solitudine a cui si sentono condannati e costretti.

È per questa dinamica che gli spazi pubblici di allegria, con decine di persone che sembrano serene e liete, come le case invase da profumi, musiche e volti di festa, diventano un continuo ricordo di quello che la nostra vita poteva essere e – in realtà – non è stata. Nasce, in questo modo, il Natale delle occasioni mancate, delle esistenze finite, del pianto in gola che a volte ci prende sentendo certe frasi o percependo dentro di noi un certo clima.

Questo Natale, mentre ci ricorda la verità del fatto che ciascuno di noi è al mondo per essere felice, non fa altro che alimentare il nostro senso di infelicità proponendoci un modello di perfezione che nella storia reale non esiste, ma che commercialmente “vende” e attira. Si riaprono allora le ferite, si ritorna nei luoghi bui della nostra storia e quasi si maledice quel Bambinello che nasce e che la logica del profitto ha trasformato in un vero e proprio ricatto.

Ma questo, per fortuna, non è il Natale vero! Non è questa infatti la Festa per cui ci si può spendere ed essere pieni di letizia. Il Bambino che nasce, infatti, non viene per ricordarci le nostre paure o i nostri drammi, ma viene per dirci di non piangere, di non nascondere il nostro dolore, di permettere che Lui ci abbracci. Egli non spunta per farci soffrire, ma per ascoltare il battito meraviglioso e incessante del nostro cuore e la tenerezza del nostro respiro. E forse – dentro tutta questa malinconia che rende a volte tormentate queste giornate – quello che attendiamo è proprio questo: non qualcuno che ci giudichi, ma qualcuno che ci capisca e che possa finalmente piangere con noi.

Buon Natale a tutti, dunque! Che tutti possiate trovare pace al vostro dolore, non la pace “che risolve tutto”, ma la pace che tutto accoglie e che trasforma questa fiera delle banalità – che noi osiamo chiamare Natale – in un evento unico e irripetibile: la percezione seria e netta di essere amati. Davvero. Per sempre. Al di là di qualunque cosa abbia reso triste il nostro cammino, al di là di qualunque lacrima versata e di qualunque errore compiuto. Al di là di ogni male che il mondo sia riuscito a farci. Al di là – insomma – di ogni volta in cui noi stessi, per primi, non siamo riusciti a volerci bene.

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