Morti per la nostra libertà

Da più di tre mesi la morte di Giulio Regeni continua a riaffiorare tra le notizie dei media come un fantasma che non dà pace. Per molti organi di stampa, abituati a consumare più che ad informare, la sua triste scomparsa è ormai superata e – con essa – è da considerarsi superato anche il giallo che, tutt’oggi, circonda l’intera vicenda.

Eppure Giulio Regeni è interessante al di là di tutte le indagini che lo riguardano. L’interesse per lui nasce dal fatto che egli rappresenta, come bene ha mostrato qualche settimana fa la trasmissione “Petrolio” di Raiuno, la “meglio gioventù”, ossia quella generazione – che sovente si affaccia nella storia – perché vuole, con la forza della propria giovinezza e del proprio lavoro, cambiare le cose. Valeria Solesin, Peppino Impastato e molti altri – noti e meno noti – fanno parte di questo schieramento di giovani che ha contrapposto la semplicità della propria vita alla forza violenta del potere. Con la loro freschezza, la loro intelligenza e la loro curiosità, questi ragazzi si sono rivelati terribilmente pericolosi per un sistema che, invece, si nutre di menzogna, di collusione e di opacità, per un’ideologia viscida che continua a fare della violenza e dell’intimidazione la propria carta di identità. Morti in circostanze e in episodi storici molto diversi, questi giovani sono i nostri martiri, l’emblema di una civiltà che non si arrende all’ingiustizia o alla follia, ma che combatte – con la propria voce e la propria testa – per la libertà. Noi non saremo mai davvero liberi finché persone come loro moriranno, finché non sarà restituita ad un’intera generazione la possibilità di parlare, di esprimersi, di partecipare al dibattito pubblico e alla vita sociale del paese. La Resistenza, cari amici, non è affatto finita con il crollo del regime fascista, ma continua nel tempo come “fame di libertà e di bene”. Troppo spesso, infatti, i ragazzi sono ritenuti degli spettatori ignoranti degli “affari dei grandi”: le loro domande, al contrario, ci sfidano, ci mettono in discussione, ci obbligano a dire verità che ci imbarazzano e che ci fanno paura. Per questo è nato Sharing: per restituire la parola a chi, secondo le convenzioni, non dovrebbe averla ed essere invece grottescamente rappresentato come un viziato parassita di questa assurda società. Ma Sharing è nato anche per offrire ai ragazzi gli strumenti, fra tutti quello di una vera borsa di studio, perché possano continuare a cercare e a raccontare a questo mondo la realtà, la nuda e cruda verità. Ridare la parola ai giovani, ascoltarli, aiutarli a dire e a dirsi, accettando tutte le ingenuità che possono derivare dalla loro intemperanza o dalla foga della loro età, non è oggi solo un dovere sociale che qualunque stato di diritto ha l’obbligo di mettere in atto per costruire il proprio futuro, ma è un debito che dobbiamo saldare verso tutti quelli che, come Giulio, Valeria o Peppino, sono morti per poter capire, per poter vedere, per poter vivere. Per questo Sharing invita tutti, indipendentemente dalla proprie posizioni personali o ideologiche, a firmare convintamente l’appello presentato dal Comitato “Verità per Giulio Regeni” al link

https://www.change.org/p/comitato-non-dimentichiamo-giulio-regeni-l-egitto-deve-essere-dichiarato-paese-non-sicuro?recruiter=537156008&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink?recruiter=537156008&utm_source=petition_show&utm_medium=copylink

Questa firma a molti costerà davvero poco, il tempo di qualche click. Ma grazie a questa firma i sogni di Giulio, le speranze di Valeria e i progetti di Peppino continueranno. Non perché questi sogni, queste speranze e questi progetti fossero i migliori, ma perché c’erano. E noi, immersi nella nostra distrazione, non abbiamo saputo proteggerli. E’ tempo di una nuova primavera, la primavera delle coscienze. Per avere il coraggio, senza “se” e senza “ma”, di riconsegnare alla nostra “meglio gioventù” ciò che quotidianamente la corruzione, la gerontocrazia e la supponenza toglie loro, il bene inestimabile di costruire, e raccontare a tutti, la propria piccola – eppure unica – esistenza.

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