La rimozione degli account social limita la libertà di espressione?

Di recente si sta discutendo molto riguardo alle piattaforme social network, in particolare, in seguito alla chiusura di account di alcune personalità importanti, come quelli Facebook, Twitter e YouTube di Donald Trump e in molti sostengono addirittura, che queste piattaforme stiano effettuando una vera e propria censura nei confronti di alcune fazioni politiche.

Tuttavia personalmente ritengo che non sia così: infatti  a queste grandi aziende non sarebbe così conveniente la limitazione degli account, perché questo riduce la quantità di contenuti, come molti avranno potuto notare prima di me. Alla propria nascita queste aziende non esercitavano un forte controllo sui contenuti pubblicati all’interno dei loro spazi, solo gradualmente con l’aumentare degli utenti e quindi con l’indignazione di alcuni e l’apertura a un pubblico più giovane – ricordo per questo  la piattaforma di Telegram tra le più giovani – e quindi meno usate, tollera qualsiasi tipo di chat e contenuti  ed è anche purtroppo usata anche da associazioni criminali, per via del trattamento dei dati personali e privati che vengono molto raramente maneggiati.

Inoltre il controllo di determinati account non è arbitrario naturalmente, ma solitamente, un account viene visionato quando segnalato da un sostanzioso numero di persone.

Ciò che sta succedendo di recente, è che dopo gli ultimi avvenimenti i social cominciano ad applicare le regole anche a personalità più di spicco, quando prima si segnalava solo all’utente che stava per visionare contenuti discutibili.

Tralasciando i dettagli di questi avvenimenti, in generale in questo periodo, a mio avviso, si sta definendo il ruolo dei social dopo la loro affermazione.

Ora che questi strumenti hanno un ruolo rilevante anche nella politica, è difficile anche solo stabilire se, (e quanto) queste piattaforme devano effettuare un controllo, per tutelare gli utenti da notizie dannose e prevenire la formazione di gruppi estremisti, o mantenere intatta la libertà dell’utente.

Credo che in qualità di piattaforme private e data anche la varietà e la presenza di moltissimi altri spazi, queste aziende possano limitare gli utenti che ritengono inadatti alla loro, in concordanza con le condizioni di utilizzo accettate dall’utente ed a loro responsabilità.

Comunque in questo caso l’equilibrio è molto difficile da trovare, anche perché nonostante siano gestite da enti autonomi, queste piattaforme stanno quasi diventando uno spazio pubblico di discussione e confronto tanto che molti lo considerano indispensabile nella politica occidentale, nonostante in molti non ne facciano uso.

Secondo me questo sarà un processo lento e naturalmente dettato dai bisogni degli utenti, pertanto non avverrà una divisione e i social rimarranno sempre una via di mezzo, tra uno spazio pubblico e privato in balia delle indignazioni momentanee: perché ciò che è tabù oggi non è detto che lo sia domani, invece sarà una certezza il controllo e la rimozione delle fake news.

Comunque anche le fake new saranno un terreno di scontro, dato che ancora oggi non è netta la distinzione tra un’espressione della propria opinione, e la diffusione di notizie false e che possono quindi nuocere all’utente.

In questo caso comunque per quanto gli stati possano multare e/o ammonire le grandi aziende di questo settore, è molto difficile che questi riescano a esercitare un controllo sui colossi, anche perché una limitazione non è possibile per via del “malcontento” che si creerebbe, siamo quindi noi utenti che finanziando direttamente o indirettamente queste aziende, con la nostra opinione complessiva abbiamo il potere di cambiare le loro politiche, nel bene e nel male.

La rimozione degli account social limita la libertà di espressione?

STORIA/La Domenica di sangue del 1905