#ShareTheStory/Sguardo Rosso: prologo
di Alberto Zali
– Bentornati con ShareTheStory, la rubrica di Sharing che consente a tutti coloro che hanno una storia o un racconto nel cassetto di pubblicarlo direttamente sul nostro sito! Oggi vi proponiamo la lettura del prologo di “Sguardo Rosso”, libro inedito scritto da Alberto Zali. Non dimenticate di mandarci anche le vostre storie. Buona lettura!
PROLOGO
Ecco finalmente il suono della campanella. L’ennesima tortura che volge al termine. Del resto capitano le giornate negative. Certe volte si prende un buon voto, altre un voto così così, altre ancora uno pessimo. Ma Jack una volta tornato a casa avrebbe ricevuto una bella strigliata. Era la quarta insufficenza del mese. ‘Ancora un’ora, e poi la salvezza’ pensò il ragazzo. Peccato che quella fosse l’ora d’inglese. ‘Speriamo che non mi interroghi, speriamo, speriamo…’. D’un tratto il professore fece capolino dalla porta. Stranamente non aveva la solita aria severa. Il suo volto aveva un’espressione strana, un misto di gioia ed esaltazione … insomma, era ancora più spaventoso del solito. Si sedette alla cattedra e tirò fuori il libro di antologia. Forse avrebbe spiegato. “Peggio ancora… più materiale su cui essere interrogati il giorno dopo” brontolò Jack rivolgendosi al suo compagno di banco. “Non ti lamentare… che per te sarebbe stata la quinta!” disse ironico Walid. “Eh?”. “La quinta insufficenza”. Jack divenne rosso e stava per colpire il compagno quando la voce del professore lo fermò. Aveva qualcosa di diverso, qualcosa di ancor più maligno del solito.
“Ragazzi, prendete tutti pagina novanta e iniziate a leggere! Anzi, Deborah leggerà il brano per noi. State attenti perché poi vi farò alcune domande” tuonò l’incubo vivente.
“Sono molti gli scrittori che si sono interessati ai vampiri. Dalla leggenda di Dracula, alla romantica storia d’amore di Twilight, osserviamo come la figura di questi personaggi rimanga pressoché invariata nel tempo, cosa che non accade con altri esseri fantastici quali ad esempio gli elfi…”. Deborah era sempre stata la più brava della classe. Qualsiasi compito le venisse affidato dai professori, lei lo avrebbe portato a termine nel migliore dei modi. “Scusi professore, ma perché leggiamo questo capitolo dei vampiri che mi pare fa parte del programma dell’anno precedente?”. Jack sputò fuori la solita frase sgrammaticata, piena zeppa di “orrori” di sintassi, come soleva chiamarli il professore. “Winsconsley, faresti molto meglio ad ascoltare la tua compagna Deborah, di certo impareresti qualcosa di utile. E comunque il prossimo tema verterà sui vampiri. Né dipenderà la vostra promozione!”.
“Nella mitologia nordica gli elfi vengono infatti descritti in vari modi, spesso contrastanti fra loro. Alcune saghe parlano di esseri minuscoli, brillanti di luce propria, che abitano da millenni le foreste boreali, cibandosi di muschio e vivendo in tranquillità e armonia con la natura. In altri testi vengono descritti come un popolo di guerrieri, abili nell’arte della spada e precisissimi tiratori d’arco. I vampiri invece no. La loro descrizione é univoca, indipendentemente dalle latitudine e dalle culture. Sono esseri dalla pelle biancastra, con un aspetto cadaverico. Si nutrono del sangue delle loro vittime, senza il quale non possono vivere per più di qualche giorno. Si riproducono mordendo gli esseri umani sul collo, lasciando due buchi identici all’altezza della vena giugulare. Coloro che vengono morsi, se sopravvivono, subiscono una mutazione. La pelle si schiarisce, il cuore inizia a battere sempre più lentamente, e i canini si allungano a dismisura …”. Deborah continuò il suo sproloquio per un’altra mezzora. Jack non fece molta attenzione alla lettura, che riteneva terribilmente noiosa e inutile. Per contro, si mise a costruire una cerbottana utilizzando un foglio di cartoncino e della colla. Avrebbe fatto diventare matta Deborah, e magari anche il professore. Dopo soli dieci minuti di lavoro poteva ammirare lo splendore della sua opera. Un tubo perfetto, lungo non più di venti centimetri, che nelle sue abili mani sarebbe divenuto un’arma estremamente potente e fastidiosa. Non resistette alla tentazione. Una pallina di carta, un po’ di saliva e … flop! Dritto nei capelli di Deborah. La ragazza si portò le mani alla nuca e scoppiò in uno dei suoi pianti isterici, che facevano sempre molto effetto sugli adulti. “Winsconsley! Oggi pomeriggio alle quattro e mezza aspetto te ed i tuoi genitori in presidenza. Voglio assolutamente parlare con loro! Hai superato ogni limite! Stai prendendo una cattiva strada che ti porterà dritto verso la bocciatura” tuonò il professore. “Non ci voleva anche questa eh!” infierì Walid. “Ma sta zitto!” rispose secco Jack.
Un altro suono della campanella e questa volta tutti a casa! Jack e i suoi compagni adoravano la campanella, che glorificavano come la dea protettrice di tutti gli studenti. Pochi secondi e i corridoi furono invasi da una mandria di bufali impazziti. Versi animaleschi, strillii, grugniti riecheggiavano in tutta la scuola, che ora ricordava uno zoo nell’orario di distribuzione del cibo. Una volta all’esterno, si sentirono veramente come vampiri. Dopo ore e ore trascorse chini sui banchi in quella specie di grotta oscura che qualcuno aveva avuto la brillante idea di chiamare aula, la luce del sole feriva gli occhi dei ragazzi. Jack strisciò verso l’autobus, scontrando a più riprese i paletti che delimitavano il marciapiede. La fame era irresistibile! Avrebbe sbranato un leone intero, con tutta la criniera! Per colpa di alcuni suoi compagni di classe che avevano manomesso le macchinette delle merendine, non aveva potuto comprarsi il solito snack durante la ricreazione. Per Jack era stato un fulmine a ciel sereno. Si sa che con la pancia piena si rende molto di più, e si sopporta meglio la tortura!
“Mamma, papà! Sono tornato!” disse Jack entrando in casa. “Oh figliolo, eccoti qua! Tuo padre si é preso un giorno di ferie, oggi non andrà al lavoro. Sai, siamo sotto le feste di Pasqua e ci teneva tanto a stare un po’ con te. Che ne dici se oggi andiamo tutti al cinema?” chiese la mamma. “Ehm… mamma, mi sa che oggi non si può fare. Però le ferie del papà capitano proprio nel momento giusto!” commentò Jack affannato. “Jack, cosa hai combinato a scuola per rinunciare al cinema?”. La voce della mamma si faceva pian piano meno dolce. “Diciamo che… ho fatto uno scherzo a una mia compagna, ecco! Solo che lei é la più brava dell’istituto! Per questo il professore di inglese si é arrabbiato e vi chiede di incontrarlo oggi alle quattro e mezza in presidenza, per parlare della mia situazione scolastica”. La mamma era paonazza.“Ottimo, ci voleva proprio!” sibilò tra i denti. E’ da qualche giorno che pensavo di andare a parlare con i tuoi docenti, sono seriamente preoccupata… non vorrai mica che ti boccino?”. “No mamma!”.
Decise che non le avrebbe raccontato del brutto voto. L’atmosfera era già abbastanza tesa e la mamma sembrava provare gusto ad infierire su di lui quando si trattava del suo rendimento scolastico.
Uno, due, tre, quattro tocchi della pendola e, come al solito, poteva dire di essere in ritardo ad un appuntamento. ‘Colpa di mia madre’, pensò. Sophie aveva preteso che indossasse l’abito più elegante che aveva. Poco mancava che gli facesse indossare lo smoking impolverato che era appartenuto al nonno. Se lo avessero venduto all’antiquario avrebbe di sicuro fruttato una piccola fortuna. Jack indossò controvoglia la cravatta, quindi uscì di casa e si diresse verso il cancello, pronto a salire in macchina. Sempre che vi fosse riuscito, ingessato com’era. L’automobile dei suoi genitori accostò lentamente, e Jack potè constatare che alla guida della vecchia utilitaria c’era suo padre. Tirò un sospiro di sollievo. La madre era una mancata pilota di Formula 1.
“Scusi per il ritardo professore!” disse affannata Sophie. “Non volevamo farla aspettare, ma il ragazzo non è stato preciso riguardo all’orario. Certe volte ci viene il dubbio che abbia un concetto tutto suo del tempo!”. L’ennesima calunnia, ma ci era abituato. Notò che il professore era ancora più pallido e nervoso che al mattino. “Questa non é una giustificazione, e comunque suo figlio é sempre più ingestibile. Durante la mia ora ha costruito una cerbottana e ha indirizzato una serie di colpi verso una sua compagna di classe!”. “Ma il colpo era uno solo, e poi quella compagna era Deborah e si sa che …”. “Ripetutamente!” tuonò il professore. “E come se non bastasse, non ha prestato attenzione alla lezione sui vampiri, argomento del prossimo tema in classe!”. “Ma … non per giustificarlo … però a questa età, forse non si ha più voglia di sentire parlare di vampiri o licantropi. I giovani preferiscono altri argomenti, magari un po’ più attuali, più ancorati alla realtà” si lasciò sfuggire Sophie. “Eh, non è questo il punto!” ribattè il professore ancora più alterato. “Qui abbiamo un grave problema. Il ragazzo è troppo indisciplinato. Probabilmente siete stati troppo indulgenti con lui. Non è abbastanza maturo e forse ripetere l’anno gli farà bene”. Jack aveva gli occhi lucidi e tremava. “Cerchi di calmarlo, signora. Nel frattempo io e suo padre possiamo trasferirci in presidenza e discutere in privato. Vi prego di accomodarvi nell’ingresso finché non avremo finito” sentenziò l’autorità. “Ma…”. “Non ti preoccupare Sophie, parlerò io con il professore” disse Maxim.
A Jack pareva che il colloquio si protraesse da ore e ore, ma in realtà avevano lasciato la presidenza solo da una trentina di minuti. Il papà ne uscì alquanto frastornato. “Tesoro com’é andata?” chiese subito Sophie. “Scusa cara, ma ho veramente un gran mal di testa, ne parliamo con calma dopo. Ti dico solamente che é veramente antipatico, lui e tutti i suoi discorsi!” rispose con un filo di voce. Anche il papà era leggermente più pallido. “Papà ci andiamo allora a vedere il film? La seconda proiezione inizia tra un’oretta, siamo ancora in tempo!” supplicò Jack. “Ma nel film ci sono i vampiri?”. “No”. “Eh … allora no, secondo il professore non potresti imparare niente di costruttivo”. Jack si chiuse in un silenzio di tomba. ‘Sono iniziate le ritorsioni’, pensò. Odiava quando le persone gli rovinavano la giornata. Ma in fondo era colpa sua. Forse avrebbe dovuto iniziare a studiare seriamente.
Maxim non aveva mangiato nulla. Dopo il colloquio aveva perso anche l’appetito e Sophie temette che per il dispiacere gli fosse venuto il mal di stomaco. Neanche Jack mangiò. Alla mamma fu però chiaro che quella era una forma di protesta per non essere andato al cinema. “Così impari a non impegnarti a scuola!” disse severa. “No Sophie, forse il problema siamo noi, che non gli prestiamo sufficienti attenzioni”. Maxim appariva visibilmente provato. Mai e poi mai avrebbe pensato di dire quella parole in presenza del figlio. Quella sera nessuno aprì più bocca. Alle dieci in punto, Maxim si diresse verso la camera da letto, barcollando, e crollò in un sonno profondo. Lo seguirono prima Jack e poi Sophie, entrambi senza oltraggiare quel religioso silenzio che si era creato.
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