#cosechenonsidicono/La morte non esiste più ?

di Nora Figari

– Immagini e pubblicità che ogni giorno circolano sui media rinforzano l’idea che giovinezza, bellezza e salute siano ideali universali a cui tutti aspiriamo.
Questo modello che ci viene presentato considera implicitamente la vecchiaia una spiacevole fase da posticipare il più possibile.

Gli anziani in Italia sono più del 22% della popolazione e sono diventati negli ultimi anni il target di molte aziende che promettono loro longevità ed eterna bellezza. Ma gli anziani interessano al mercato fin quando dimostrano di essere obbedienti acquirenti; quando superano una determinata età e diventano ‘vecchi‘ escono completamente dell’immaginario dei media, e lentamente anche dai nostri pensieri.
E così come il tema dell’invecchiamento viene marginalizzato dalla nostra società, in maniera ancora più significativa questo accade con la morte.

L’aspettativa di vita è passata in Occidente da 30 a 50 anni nel corso dell’Ottocento,e poi ancora da 50 a 80 anni nel corso del Novecento: cinquant’anni di vita in più in due secoli.
Siamo riusciti a vivere più a lungo, ma non abbiamo ancora imparato ad affrontare la morte.
Il radicale aumento dell’aspettativa di vita e il progresso della medicina fanno apparire la morte come un evento quasi innaturale e imprevisto. Ci hanno reso una società di individui che si immaginano immortali.

La morte ‘naturale’ sembra essere scomparsa dai nostri discorsi, mentre la morte ‘violenta’ è continuamente presente sugli schermi delle nostre tv e smartphone. Nei film horror, al telegiornale o in programmi su malattie terminali la morte, fittizia o reale, viene continuamente rappresentata. Queste rappresentazioni di forte impatto emotivo ci allontanano ancora di più da quel fenomeno così naturale.

I riti legati alla morte si ritrovano sin dalle origini delle società umane, ma sembrano essersi svuotati del loro significato. I funerali vengono sempre di più gestiti formalmente da ditte specializzate, quasi a voler accantonare la morte il più in fretta possibile.
Un tempo si moriva in casa, circondati da parenti, amici e vicini, ora si muore in ospedale, soli, o con la famiglia ristretta.

Abbiamo scelto di nascondere la morte, di non parlarne con i morenti, figuriamoci con i bambini ai quali preferiamo proporre storie fantasiose.
Ma questa rimozione è dannosa, perché toglie la possibilità di entrare in contatto con quell’evento che accomuna tutti i viventi. Senza l’esperienza della morte nelle nostre vite ci dimentichiamo della sua esistenza e di conseguenza rischiamo di non dare il giusto valore ad ogni secondo di vita che viviamo.

“Supponi che ogni giorno che brilla sia per te l’ultimo; sarà allora con gratitudine che riceverai ogni ora insperata”

Orazio