Buffon/Grazie campione, ma non sarai l’idolo di mio figlio

di Riccardo Ciuffreda –

9 campionati italiani.
5 Coppa Italia.
6 Supercoppa Italia.
1 Coppa Uefa.
1 Europeo U-21.
1 Mondiale.

Sto dando i numeri? No, sto semplicemente riassumendo la carriera di una delle personalità più importanti dagli anni 2000 nel calcio italiano.
Gianluigi Buffon è stato capitano, leader e uomo immagine.
Ha cominciato nel Parma.
Dove sei anni di strepitose parate lo porteranno ad essere uno dei trasferimenti più onerosi della storia del calcio italiano: dalla squadra emiliana alla blasonata Juventus.
Da lì in poi una sfilza di successi. Successi che un giorno racconterò ai miei figli.

Racconterò di Gigi che con la mano di richiamo tiene in vita l’Italia su un’incornata di Zidane ai tempi supplementari nella finale del Mondiale 2006.
Racconterò di un uomo fedele che dopo non aver abbandonato la nave che affonda, dopo la retrocessione in serie B a seguito di Calciopoli, riesce a tritare qualsiasi avversario si trovi sul suo cammino, vincendo 7 scudetti di fila e stabilendo un record italiano destinato a durare nel tempo, senza quasi mai dare l’impressione di poter perdere uno di questi scudetti.
Racconterò sicuramente di un cinque volte premiato “IFFHS Miglior Portiere dell’anno”, e di chissà quante altre volte lo avrebbe meritato.
Ma i miei figli dovranno anche essere a conoscenza di quelle sfaccettature necessarie per un giudizio obiettivo.
Mi riferisco a quei non pochi errori commessi da Gianluigi Buffon.
Racconterò dunque della sfilata sotto la curva del Parma indossando una maglia con su scritto “Boia chi molla”, una sorta di credo per l’estrema destra italiana.
Un gesto che gli costò il deferimento.
Racconteró di quanto fece indignare l’interà comunità ebraica, per la scelta di un numero 88 che ufficialmente stava a significare le quattro “palle” che l’hanno portato al rientro dall’infortunio, ma che secondo molti rappresentava l’acronimo di Heil Hitler.

Non potrei non citare l’episodio che da 6 anni fa discutere migliaia e migliaia di appassionati.
Siamo nel 2012, a San Siro: Milan e Juve si giocano lo scudetto e al Milan viene revocato un gol sull’ 1-1, che tutto sembrava tranne che irregolare.
La palla entra in porta, sotto agli occhi di Gigi, ma la mancanza di tecnologia in campo porta l’arbitro ad un errore che costerà lo scudetto alla compagine milanese.
Il post partita è tutto di Buffon, che sporca la sua reputazione con una frase che ancora oggi lascia l’amaro in bocca a migliaia di italiani: “Se me ne fossi accorto non avrei aiutato l’arbitro.”
Non potrei neppure dimenticare il suo presunto coinvolgimento nel caso “Calcioscommesse”, datato 2012, dove Gigi venne indagato per aver versato circa 1,5mln di euro ad una tabaccheria, scommettendo avvalendosi di soggetti terzi.
Buffon definirà in seguito questo polverone mediatico come “una vigliaccata che non meritava”.

Continueró allora spiegandogli che il capitano della Juventus si è opposto pubblicamente al VAR, strumento tecnologico che dalla stagione 2017-2018 permette di evitare i tanti errori che solo male possono fare al gioco del calcio.
La sua idea sembrerà poi cambiare solo sul finale di stagione, dopo che il Var ha corretto alcuni errori che penalizzavano di fatto la Juventus.

Spiegheró a mio figlio del giorno in cui, al termine del ritorno della semifinale di Champions League, di Madrid 2018 che costó l’eliminazione alla Vecchia Signora, un Buffon senza freni accusa l’arbitro pubblicamente, rivolgendogli toni che faranno successivamente indignare persino un’altra leggenda della Juventus, Alex Del Piero.
Da un personaggio pubblico dalla tale potenza mediatica, in certe occasioni, ci si aspetterebbe tutt’altro atteggiamento.

Mio figlio, quando giungerà il momento di iscriversi alla scuola calcio, sempre se sarà nei suoi desideri, magari sceglierà di fare il portiere.
Gli racconterò di Buffon, gli dirò che dai migliori si impara e si prende spunto.
Ma gli insegnerò quali sono gli idoli, quelli veri, quali sono le persone che riescono a combinare talento e classe, savoir-faire.
E allora gli racconterò di Zanetti, di Maldini, di Del Piero.

Caro Gigi, sei stato il migliore di tutti i tempi, ma la tua mancanza più grande non è e non sarà mai la Champions League.
La tua mancanza più grande è non essere l’idolo che il mio futuro figlio vorrei che avesse.

 

 

Video di Veronica Rabbi

Foto editing di Samuele Roma

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