Intervista esclusiva a Yuri D’Agostino, regista di “MezzoTempo”

di Rossella Carta

– Avete da fare stasera? MezzoTempo!
Abbiamo intervistato per voi Yuri D’Agostino, il regista dello spettacolo che si è tenuto alle 21 al Teatro delle Clarisse venerdì 27 maggio, con la compagnia teatrale del liceo Davigo, show molto simile a quello rappresentato il martedì successivo questa volta dalla compagnia teatrale del liceo Nicoloso Da Recco.

Grazie Yuri per averci concesso due chiacchiere.
Partiamo dai tuoi studi, non sei nuovo in queste mura, vero?

Grazie a voi! Eh no, ho studiato al Nicoloso Da Recco e abito a Rapallo. Da piccolo volevo fare l’Ecologo, salvare il mondo… ma durante il liceo ho cambiato idea, mi sono detto: “No, io voglio divertirmi a Teatro!”
E dopo il liceo ho studiato allo Stabile di Torino per tre anni.

Come è stato tornare nel tuo liceo a insegnare?

È stato molto bello, il primo anno dopo la maturità sono spesso venuto a trovare i professori e la scuola in sé. C’è gente che dice “Io voglio un periodo di decompressione, di stacco da tutto ciò che riguarda la scuola”: io invece no, ero e sono molto affezionato. Per i 50 anni del Nicoloso mi hanno invitato a parlare ed è una scuola che guardandola da fuori è proprio brutta brutta… e dentro brutta uguale [risata generale, n.d.R.] ma non è importante l’estetica, ciò che conta davvero sono gli esseri umani che la popolano. Inoltre in tutti i licei, entri che sei una persona, ed esci che sei un’altra. Cresci, cambi, sono successi molti fatti importanti della mia vita durante quei cinque anni, ed ritornare ma come insegnante è veramente interessante! Perché alcuni professori sono ancora lì, come dinosauri che non mollano e fanno il loro lavoro con la stessa passione.

Come nasce il progetto teatrale?
È già qualche anno che sei tornato qui a scuola giusto?

Sì! Collaboro da quattro anni con il Davigo-Nicoloso, e il progetto nasce dal fatto che mi sia sempre piaciuto insegnare. La componente pedagogica del teatro è fondamentale, il teatro insegna non solo a recitare, ma a capire qualcosa in più del mondo, salire sul palco è quasi secondario. Mi è sempre piaciuto, è davvero bello vedere come cambiano le persone in pochi incontri, come cambiano i ragazzi ma anche gli adulti, e in questi quattro anni molti dei miei allievi sono stati costanti, li ho visti crescere e l’anno prossimo usciranno, mi mancheranno moltissimo, poi altri sono entrati a far parte della “famiglia teatrale” nel tempo. Si crea un bellissimo legame, si diventa amici e ci si tratta alla pari.

Il significato della serata MezzoTempo?

È stata una preparazione non di mesi ma di un mese e mezzo, perché per tutti i mesi precedenti ci occupiamo di esplorare, divertirci, sbagliare, poi a un certo punto diciamo: ok, concretizziamo. E allora abbiamo cominciato a selezionare i brani per la rappresentazione e l’assegnazione dei ruoli in modo equo, facendo una sorta di casting ricordando sempre che siamo tutti qui per divertirci.
Questa serata è nata dal fatto che negli anni passati abbiamo sempre lavorato sul teatro comico, inteso come mezzo per passare dei messaggi naturalmente. Ci siamo divertiti molto, abbiamo imparato che ci può essere della serietà nella comicità, ma anche divertimento nel teatro serio. Quest’anno non c’era un corso di teatro non comico dentro la scuola, allora mi hanno chiesto se avessi potuto occuparmene, c’erano ragazzi che mi chiedevano di lavorare su un teatro non comico, e quindi abbiamo lavorato su entrambi. La serata è stata chiamata MezzoTempo proprio perché per metà tempo è teatro comico e metà non comico. Unirli è stato difficile ma viaggia quasi tutto sotto l’ombrello del mito, (tutto ciò che dico vale anche per il corso al Nicoloso per lo spettacolo del 31.
Nella prima parte è si trattato dell’Antigone di Anouilh, per poi passare ad altri miti rivisitati come per esempio il duello di Achille ed Ettore riscritto da Stefano Benni. Esso diventa un duello epico tra un fornaio e un panettiere che lottano per una bicicletta a suon di insulti, alitate e vino e salsiccia. Un altro esempio è stata la rappresentazione di testi originali come la Lisistrata. È un’opera che ha duemila anni, ma è un testo femminista, pacifista e molto moderno, dove tutte le donne dell’Ellade avendo i propri mariti in guerra l’uno contro l’altro, loro scelgono invece di riunirsi e dire: “rinunciamo al sesso fino a quando i nostri mariti non faranno la pace”, e quindi è una sorta di punizione o di ricatto dalle donne nei confronti degli uomini, una specie di protofemminismo, dove le donne hanno un ruolo importante. Lo spettacolo ha avuto durata di 1 ora e mezza.

Ci sono persone che hanno spiccato tra le altre nel tuo corso? Che secondo te potranno avere successo in questo ambito?

Beh, la cosa interessante è che il talento è solo una parte della strada, è una predisposizione che sicuramente aiuta, ma è solo il principio, una buona base su cui costruire con tanto tanto tanto impegno e dedizione. Senza passione e fatica il talento è quasi inutile. Da piccolo magari eri abituato a leggere ad alta voce, a giocare in un certo modo già con l’attitudine della recitazione, oppure con carattere molto spigliato… ma il Talento è un Muscolo che va esercitato e ha bisogno di strumenti.
Per esempio una mia insegnante del Teatro Stabile di Torino mi raccontava che al primo anno della Paolo Grassi c’era un allievo che era l’ultimo della classe, nessuno gli avrebbe dato una lira. Poi lui si è impegnato così tanto, che parte di quella classe non è conosciuta, ma lui è diventato Antonio Albanese, ora famosissimo. Non è l’unico, ci sono parecchi esempi di persone che hanno iniziato in sordina e poi sono esplosi, perciò non è possibile dire adesso se ci sia qualcuno che ha talento. Vedo delle predisposizioni perché ci sono persone che hanno belle qualità, anche i più piccolini, che poi avranno tempo per crescere ulteriormente.

Sei cambiato rispetto a quando sei partito?

Assolutamente sì, moltissimo, il teatro ti cambia, ti fa crescere e ti mostra nuove prospettive dalle quali osservare il mondo con occhi rinnovati.

E perché secondo te qualcuno dovrebbe l’anno prossimo iniziare il corso? Cosa dovrebbe spingerlo?

Il divertimento di provare a essere “altro da sè”, cercare altri modi di fare. Nella vita quotidiana tendiamo a comportarci sempre alla stessa maniera, ma il teatro ci dà il permesso di far provare cose che non ci appartengono, di essere “per male”, maleducati, sfrontati, di non rientrare nel solco della nostra quotidianità, per poi accorgerci che ci sono strade più congeniali, non c’è un solo modo di affrontare un cammino ma ce ne sono tanti, e dà anche tanti strumenti per capire di più. Magari pensando all’Antigone o all’Amleto si potrebbe dire: sono distanti da me, non c’entrano nulla con la mia persona. Ogni giorno affrontiamo situazioni differenti, e questi miti sono archetipi contro cui ci ritroviamo a combattere ogni giorno. Tutti noi abbiamo spesso dei dubbi amletici, specialmente ora i ragazzi di quinta che devono decidere per la propria vita, essere o non essere ciò che desiderano. Prendere il coraggio a due mani, rischiare, ed eventualmente perdere tutto, oppure non farlo e cercare qualcos’altro. Questo è successo ad Amleto, oppure Antigone che ha avuto il coraggio di dire di no a certe situazioni sapendo che sarebbe andata incontro a conseguenze. È facile essere presi in giro se non abbiamo la cultura necessaria per capirlo, dalla politica, alla vita, al fidanzato. Il teatro è uno dei mezzi, come tutti gli ambiti artistici, dalla danza alla letteratura, che ci permette di capire se siamo presi in giro. Devo pensare a modo mio, farmi le mie opinioni, che magari sono diverse, ma gli strumenti sono gli stessi.

Grazie davvero per questa bella conversazione, e per aver risposto alle nostre domande! Non resta che un grande in bocca al lupo per tutto! 

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