Recco/com’è possibile togliersi la vita a 17 anni?

di Alberto Zali

– È successo di nuovo. Ma questa volta ci tocca da vicino. La ragazza, che chiameremo Maria, frequentava il liceo artistico a Chiavari. Esprimeva in blocchi di argilla e in fogli da disegno la sua arte, il suo mondo interiore.
La notizia è da poco arrivata ai suoi compagni, ai suoi amici e a coloro che la conoscevano anche solo di vista. Rimangono attoniti, gli sguardi persi nel vuoto. Ne sentono spesso alla televisione. In breve tempo diventa qualcosa che circola virale sul web, quasi fosse una moda. Ma questa volta, quel qualcosa ha aperto un varco nella loro piccola realtà. Poche parole plumbee si muovono di cellulare in cellulare: “È morta una nella mia scuola. Si è suicidata ieri”. Nasce spontanea una domanda – perché l’ha fatto? La domanda arriva a tutti quelli che la conoscevano più da vicino, ai suoi amici, ai suoi amici più stretti. Nessuno risponde, nessuno sa rispondere per davvero. Si limitano tutti ad un: “boh, forse depressione” – in un misto di incredulità e di distacco. Un distacco disumano che riversa il proprio silenzio sopra la morte di una ragazza, che presto verrà enumerata fra le altre dieci, cento, mille persone portate all’esasperazione, che decidono di prendere “la via più facile” di fronte al dramma della vita. E noi restiamo di fronte al silenzio di una società, di coloro che la conoscevano e non vogliono parlare. Anche stavolta volta – come ogni volta – è l’intera umanità a tacere.
Cosa vuol dire suicidarsi? Liberarsi finalmente di un fardello, di un peso che grava sulle tue spalle impedendoti di camminare, di correre e di volare? Ce lo chiediamo un po’ tutti quando accadono situazioni come questa. E spesso neppure abbiamo finito di chiedercelo che già ci rispondiamo andando ad analizzare le cause che possono aver portato quella persona ad un simile gesto. Era depresso, aveva problemi con la famiglia, problemi con gli amici, aveva perso il lavoro, non si sentiva appagato… potremmo andare avanti all’infinito, potremmo continuare ad elencare senza mai rispondere veramente a quella domanda. Suicidarsi significa seppellire sogni e speranze, con la consapevolezza che non si può tornare indietro. È un gesto che esprime una necessità di amore, di conforto, sicurezza, che spesso non può essere colmata. Chi si suicida ha smesso di credere non tanto in un qualunque Dio, ma soprattutto in sé stesso, sa che, compiendo quest’ultimo atto, di lui non resterà che polvere dispersa nell’immensità del tempo. È consapevole che non rivedrà mai più chi ama e che, così, creerà una voragine nel cuore di chi lo ha amato. “Ha scelto la strada più facile” – commentano alcuni ragazzi. È veramente così? Certe volte penso che non puoi capire veramente una situazione finché non sei parte di essa o, per lo meno, cerchi di immedesimartici almeno un po’. Maria non ha scelto la via più facile. Ha scelto la più difficile. Con questo suo gesto ha voluto dire: “Io sono un essere umano e preferisco perdere tutto che convivere con il mio dolore”.
Dicono che non sappiamo più confrontarci con la realtà, con la vita reale. Dicono che non siamo uomini, siamo “massa”. Primo Levi scrive: “La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace. È questa una verità logora, nota non solo agli psicologi, ma anche a chiunque abbia posto attenzione al comportamento di chi lo circonda, o al suo stesso comportamento”. Proprio a fronte di questo, sono convinto che chiunque stia leggendo questo articolo, probabilmente io stesso che l’ho scritto, se non fra qualche giorno, fra qualche settimana senz’altro, si sarà dimenticato della storia di Maria. Non leggete ciò che ho scritto con gli occhi velati dall’utopia che un giorno questo possa cambiare. Lo disse sessant’anni fa lo stesso Levi: “l’uomo dimentica”. Ma noi dobbiamo dimostrare, a noi stessi prima di tutto, che non siamo “massa”. Noi siamo uomini. Ma non siamo neppure soltanto uomini. “L’uomo dimentica”, è vero, ma l’uomo ha un cuore e il cuore ricorda il significato dei gesti, delle parole, di tutto ciò che, in qualche modo, arriva anche solo a sfiorarlo.

Questo articolo non vuole essere un appello a scoraggiare tutti coloro che hanno pensato, anche soltanto qualche volta nella loro vita, di farla finita. Forse per quello, sono soltanto un uomo… forse serve la fede, la ragione non basta. Io credo che il problema sia in tutti coloro che guardano e tacciono. È da lì che parte tutto ed è da lì che – come uomini – possiamo iniziare ad agire. Dai bordi della strada, dal cuore della vita.

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