Ecco la generazione Sharing/ Messi all’angolo, ma ancora pronti a sognare

Di Claudia Demontis

 

Quanti giudizi sentiamo pronunciare nella nostra vita, quanta invidia, quanta falsità, quanta verità. Quanto si parla di razzismo, di bullismo- probabilmente non abbastanza-, eppure non ci rendiamo conto di quanto la nostra generazione sia sminuita.

Più in Italia che in altri paesi, è evidente quando la gerontocrazia ci reprima sempre più: la sfiducia nei nostri confronti è tale da metterci all’ angolo, durante la nostra crescita, per poi essere scaricati in medias res nella vita; come animali allo stato brado, rimaniamo assordati e storditi dalla folla cacofonica che ci circonda, composta di persone che non osano proferire parola e altre che urlano, come se la loro voce acquisisse importanza con il loro tono. Allora, eccoci, raffigurati come gruppi di code infinite di persone sperse nel nostro mondo, speranzose, superficiali e pigre l’una dietro l’altra.

Permettendo che si parli a livello generale, siamo stati cresciuti in una realtà nella quale non riusciamo minimamente ad apprezzare la fortuna e la bellezza che ci appartengono, in una realtà dove, è vero, la “pagnotta” non ce la siamo mai davvero guadagnata; oggi, i primi aerei che i bambini prendono non sono quelli per farsi imboccare dai genitori, il pomeriggio si studia o si va al campetto e, dopo il liceo, all’università. Siamo pigri, e non per quanto riguarda lo sport, lo siamo perché raramente lottiamo per qualcosa, per qualcuno o per un’ideale; sin dalla nostra nascita, abbiamo percorso un sentiero già battuto, dove le difficoltà più grandi, che avremmo potuto incontrare, non erano altro che sassolini nelle scarpe o immondizia sparsa in giro per le strade. Abbiamo imparato a crearci gli ostacoli giungendo, talvolta, a stare male a causa dalla nostra incapacità di stare al mondo.

Siamo incredibili sognatori, per quanto potremmo aver poco da desiderare, – le nostre liste di Babbo Natale rispecchiavano alla perfezione le pubblicità trasmesse-. Lo siamo perché, a contrario di ciò che molti potrebbero pensare, non siamo ingenui. Siamo in grado di renderci conto che il paese in cui viviamo, in un certo senso, non ci accetti, non ci renda partecipi. Perciò vogliamo, speriamo, una realtà differente, spesso invidiando quella di altri stati o continenti. Ecco che noi desideriamo, immaginiamo, parliamo e scriviamo di un mondo migliore senza mai compiere alcuna azione. Dunque, la nostra passività porta a gesti, tali le proteste, originati dall’estremo accumulo di frustrazione e speranza, indirizzate dalle masse, dai media, tra i quali ci ripariamo e nascondiamo.

I luoghi maggiormente riconosciuti per essere le nostre piattaforme di salvezza sono, bensì, i social network, tramite i quali riusciamo a condividere, nella maggioranza dei casi, i nostri pensieri, i nostri problemi. Nonostante ciò, tentiamo costantemente di apparire perfetti, di attirare persone attraverso i nostri post e di creare un’immagine di noi che, semplicemente, piaccia agli altri, più di quanto possa gradire a noi. Ed ecco dove ha fondamenta la nostra superficialità: dalla condizione, bisbigliataci dal sistema, di dover apparire sempre al massimo giudicando chi ci sta intorno con lo stesso metro, in seguito di accettare passivamente le decisioni proposte da chi ha il potere, lasciandoci trasportare dalla massa e dai media, come se questi potessero essere surrogati di felicità. Abbiamo perso coscienza d’ideali un tempo fondamentali, senza contare che, spesso, quelli nuovi sono basati su futilità. Siamo considerati ragazzi alienati dal mondo ed egocentrici quando, isolarci, è stata una delle uniche soluzioni. Ed è semplicemente per questa ragione che, molti di noi s’ispirano a tipici soggetti, molto conosciuti nel web, tali celebrità, attori, artisti, social star… poiché ben pochi si sono fatti avanti per istruirci, per insegnarci che l’omologazione non è il sinonimo di perfezione e che la diversità non è sbagliata, per aiutarci a riflettere senza caricarci di obblighi e così via. Perché, sappiatelo, non tutti noi ci nascondiamo sotto molteplici filtri di Snapchat, Instagram e ci facciamo passare per tronisti solo perché piacciamo al pubblico: siamo in difficoltà perché nelle nostre vite percepiamo troppe poche figure adulte che possano ispirarci e indirizzarci e, allora, ci nascondiamo in questo mondo che, fondamentalmente non è altro che fumo in aria, ci permette di identificarci in coetanei sconosciuti con una vita, considerata da molti, ideale. Non abbiamo idea da dove cominciare, come arrivare alla fine, come procedere nel mezzo poiché le nostre guide non sono state altro che film, serie televisive, libri o persone che nemmeno conosciamo -probabilmente a migliaia di chilometri da noi. Perché alcuni di noi si accorgono, che almeno nella nostra vita, tutti i nostri tentativi di aprirci, essere noi stessi, essere ciò che vogliamo, sono repressi. Noi vogliamo essere chi siamo e, anche se la società non concorda, vogliamo esprimere il pensiero nostro senza pensare al fatto che qualcuno possa vederci come degli idioti. Perché il nostro punto di vista può essere assolutamente sbagliato, ma abbiamo comunque il diritto di esporci, qualunque sia la nostra età e il nostro pensiero. Ed è questo il problema, abbiamo così timore di sbagliare che, piuttosto di agire preferiamo privarci dalla nostra libertà e decidere di stare fermi a guardare, di non intervenire, d’indirizzarci verso l’apatia o, semplicemente, di imitare rischiando di dimenticarci cosa significhi vivere.

 

Ecco la generazione Sharing/ Messi all’angolo, ma ancora pronti a sognare

Generazione Benji e Fede

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