La donna ideale/Bellezza e personalità

di #sharingwednesday

-Bocciata dallo stato Messicano la versione Barbie di Frida Kahlo, parte della collezione dal colosso Mattel chiamata ‘SHERO’ (she hero ossia ‘donne eroine’), composta da 17 bambole ‘eccentriche’ e rilasciata l’8 dello scorso mese, festa internazionale della donna.

“Se avessero voluto fare un omaggio a Frida avrebbero dovuto ritrarla in maniera più veritiera, con le sue imperfezioni fisiche, il volto segnato dalle cure, la gamba più corta dell’altra. Non hanno usato nemmeno gli abiti tipici e i gioielli messicani, che mia zia tanto adorava” così Mara Romeo Pineda, nipote in secondo grado della Kahlo, attacca il creatore della bambola. Come è noto la pittrice centroamericana a soli 18 anni era stata vittima di un grave incidente mentre tornava a casa da scuola su un autobus locale, questo le provocò il frantumarsi del femore e delle costole, oltre che la rottura della schiena, arrecandole numerose cicatrici e deformazioni fisiche; tuttavia il suo fascino latino ed il suo carisma sono ciò che sempre la hanno contraddistinta.
La critica più che legittima lanciata dallo stato Messicano e dagli eredi dell’artista, i quali minacciano la denuncia, è fondamentalmente mirata alla scelta dei creatori della Barbie di soffocare i tipici e peculiari tratti della donna, omologandosi, nonostante l’intento della collana fosse il contrario, allo stereotipo di perfetta bellezza femminile.
Ad oggi l’apparenza e la notorietà mediatica sostituiscono l’essenza e la spontaneità femminile: gli stereotipi di bellezza, sebbene siano mutati nel corso del tempo, influenzano le donne da sempre e le accompagnano nelle diverse fasi della loro vita. Ogni donna si trova costantemenre a fare i conti con ciò che viene proposto come bello e intoccabile. Ma chi stabilisce cosa è bello e cosa non lo è? Sarebbe necessario mettere il naso fuori dalla porta per capire che non tutte le culture stabiliscono gli stessi canoni estetici. Questi standard soffocano talvolta la particolarità e la personalità di ogni donna. Ciò comporta una perdita di carattere a livello estetico che culmina, in alcuni paesi, con la perdita della femminilità. Stiamo parlando delle mutilazioni genitali femminili; si tratta di pratiche tradizionali diffuse in Malesia, Indonesia, presso alcuni gruppi etnici della Colombia e in numerosi paesi dell’Africa e del Medio Oriente.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che vi sono già state sottoposte 130 milioni di donne in tutto il mondo e 3 mila bambine.
Se essere donna significa perdere la propria sessualità allora in questo mondo e in questi canoni c’é qualcosa che non funziona.

La singolarità di espressione della pittrice Messicana può essere pienamente colta in una delle sue più celebri opere, ‘Autoritratto con collana di spine’. Il quadro rappresenta la sofferenza subita dalla giovane artista nel fiore dei suoi anni: lo sguardo è vuoto e fisso, ma allo stesso tempo intenso e ammaliante, cinta attorno al suo collo una corona spinata la ferisce, simbolo della sofferenza subita dalla fine del matrimonio con il muralista Diego Rivera, questa è stretta nelle mani della scimmia sulla sua spalla destra, dono del marito, della quale non è chiaro il gesto: il suo intento è quello di liberarla o di ferirla maggiormente?
Sulla spalla sinistra è presente un altro animale, un gatto nero con orecchie ritirate all’indietro, simbolo di sfortuna e morte. L’acconciatura della donna è creata con una fascia, tipica della moda tradizionale del centro America, legata così da formare un infinito, quasi finalizzato a bloccare nell’osservatore ogni sorta di pensiero della fine di tutta l’angoscia espressa nel quadro.

Ciò che ha spinto noi tutti della redazione a scegliere quest’opera è stata la consapevolezza che l’artista si sia ritratta in tutta la sua umanità e femminilità: come in ogni opera non ha tralasciato i suoi tratti facciali marcati e la sua rasentata eccentricità, tuttavia in questo caso è andata oltre, ha impresso sulla tela la propria sofferenza e lo strazio della propria anima, mostrando la fragilità della sua persona senza alcun velo. Tutto questo non è invece stato colto dalla multinazionale Mattel, la quale ha ritenuto più saggio oltraggiare la figura di una delle più grandi icone della rivoluzione messicana pur di mantenersi nei canoni di bellezza stabiliti dalla società