La morte di Alfie Evans/Un problema di speranza

di Camilla Groppo
– Una sottile linea divide, ad oggi, la scienza dalla libertà di scelta, due argomenti che a primo impatto sembrano avere ben poco in comune. Quando però ti viene diagnosticata una malattia degenerativa incurabile, sconosciuta e per la quale sopravvivi solo grazie a un respiratore e un alimentatore, allora i due concetti si avvicinano. E si avvicinano sempre di più se qualcuno ti dice che non puoi essere salvato, che non hai speranze e decide di spegnere le tue macchine e, di conseguenza, la tua vita.

I genitori di Alfie Evans si sono ritrovati a combattere contro medici, giudici e corti supreme per ottenere il diritto di provare a tenere in vita il loro bambino. Qualcuno, però, ha deciso che Alfie non poteva essere mantenuto dagli ospedali inglesi. Qualcuno ha anche aggiunto che non solo le macchine salvavita del piccolo sarebbero state staccate, ma che non sarebbe potuto partire per andare da chi, in un altro stato, lo stava aspettando per tentare il tutto per tutto.
Ed è qui che arriva lo scontro: scienza o etica? Cercare disperatamente di salvare un bambino che non ha praticamente nessuna speranza di sopravvivere o accettare il fatto e andare avanti? A chi spetta fare questa scelta? Ai genitori di Alfie, incapace di decidere per sè, o ad un gruppo di uomini che, probabilmente, Alfie non lo hanno mai visto? Quello che dovrebbe essere il progresso porta ad un dibattito etico tra la speranza e la realtà, tra la vita e la morte, tra il diritto di scelta e la legge.
Alfie questa notte ha esalato il suo ultimo respiro, ma come si sentirà chi ha firmato la sentenza? Come starà chi ha staccato il respiratore e l’alimentatore? Cosa penserà chi ha seguito la vicenda e soffre per la morte di un bambino come del resto tutti noi dovremmo fare? Non so se per preferire la logica all’etica bisogna essere uomini di scienza, ma quello che so è che io, come penso molte altre persone, un’ultima, dolce speranza ad Alfie la avrei donata.