L’economia circolare potrebbe salvarci dai nostri rifiuti

di Adriano Torrero

– Vi siete mai chiesti perché i prodotti elettronici che acquistiamo, come cellulari, computer ed elettrodomestici, si rompono poco tempo dopo la fine della garanzia? Per rispondere a ciò alcuni economisti hanno parlato di “obsolescenza programmata” e di “economia circolare”, ma entriamo più nello specifico, chiarendo il significato di queste terminologie poco conosciute.COS’È L’OBSOLESCENZA PROGRAMMATA?

L’ “obsolescenza programmata” in economia industriale è una strategia volta a definire il ciclo vitale di un prodotto in modo da limitare la durata a un periodo prefissato; in altre parole un oggetto risulta inservibile perché guasto oppure obsoleto agli occhi del consumatore, invogliato conseguentemente ad acquistarne un altro.
Nel primo caso, un prodotto viene progettato in modo da potersi guastare entro un certo limite di tempo mediante l’utilizzo di materiali di qualità non eccessivamente elevata, di parti non facilmente smontabili e soprattutto per la quasi  completa indisponibilità di pezzi di ricambio, rendendo la riparazione costosa e non economicamente conveniente per l’acquirente, costringendolo a gettare via il proprio acquisto: in tal modo alimentiamo il numero dei rifiuti sulla Terra, in particolare quelli elettronici, molto inquinanti e difficili da riciclare e di cui molti Paesi occidentali si disfano spedendoli in regioni del Terzo Mondo, etichettandoli come “donazioni” oppure come “apparecchi ancora funzionanti”, inquinando così molte zone in Africa dove vengono ammassati questi i nostri “scarti”(in particolare le falde acquifere, i fiumi, l’aria ed il terreno, oltre agli stessi abitanti).
Ruolo importante lo svolge anche la pubblicità che invoglia l’acquirente a comprare un nuovo prodotto solo all’apparenza più avanzato, facendo sembrare obsoleto quello che si possiede (questo caso in particolare viene denominato “obsolescenza percepita”).

PRO E CONTRO

Questo sistema economico è stato ampiamente utilizzato specialmente dagli anni della Grande Depressione (dal 1930), in cui venne addirittura imposta come legge dal mediatore immobiliare Bernard London per risollevare le aziende esauste e quindi l’economia nazionale.
Negli anni ’50 si è cominciato a criticare questo sistema produttivo per le sue conseguenze, specialmente per quanto concerne l’ambiente; qualche anno dopo è nata l’idea di “economia circolare”.

COS’È L’ECONOMIA CIRCOLARE?

“Economia circolare” è un termine usato per definire un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo, consistente in due “flussi”:

  1. riciclo dei rifiuti biologici (rilasciati nella biosfera),
  2. riciclo dei rifiuti tecnici (riutilizzati per la produzione di altri oggetti e non rilasciati nella biosfera).

Questo sistema economico in pratica consiste nel ritenere i rifiuti una risorsa, in quanto si possono ricavare materiali riutilizzabili per altri prodotti con il minimo dispendio di energia.

Il primo obiettivo che i sostenitori dell’economia circolare si prefiggono è la maggior durata dei nostri oggetti, rendendoli inoltre facilmente smontabili e quindi riparabili, garantendo un buon numero di pezzi di ricambio sul mercato. Riciclando i rifiuti la poca energia utilizzata viene ricavata da fonti rinnovabili (fotovoltaica, eolica ecc.) ed i materiali rilasciati nell’ambiente devono essere rigorosamente atossici. Il termine “economia circolare” risale ad un articolo del 1966 di Kenneth E. Building, poi rielaborato e presentato come rapporto alla Comunità Europea nel 1976 da Walter Stahel e Genevieve Reday, “The Potential for Substituting Manpower for Energy”: non  a caso l’Unione Europea sta convincendo molti piccoli imprenditori a seguire questa strada (anche in Italia).

RIFLESSIONI

La teoria dell'”obsolescenza programmata” risulterebbe confermata dalle nostre esperienze personali, ma Werner Scholz, direttore dell’Associazione Tedesca dei Costruttori di Elettrodomestici, riferisce la non completa attendibilità della suddetta teoria, in quanto un’azienda non può permettersi di lasciare insoddisfatti i propri clienti rischiando di perderli. A questo punto sorge spontanea una domanda; e se i produttori si fossero messi d’accordo nel produrre oggetti egualmente di bassa qualità, cercando di attirarsi la clientela mediante la “concessione” di un anno o due in più di durabilità dei propri prodotti?             E’ possibile mantenere un’economia dinamica ma al contempo rispettosa dell’ambiente e degli acquirenti? Alcuni esempi dell’applicazione di questo metodo sono osservabili anche in Italia, facendo talvolta rinascere aziende chiuse e creando nuovi posti di lavoro, utilizzando materie prime di scarto e quindi a basso costo per la produzione di nuovi beni di alta qualità.
Ovviamente per gli inesperti in ambito economico è difficile dare una risposta, ma è necessario interrogarsi continuamente riguardo ciò che ci circonda.