Filosofia/Il valore dell’imprevisto e noi: una lettura del Potere

“Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno di progresso tecnico”: con queste parole Herbert Marcuse tratteggia le caratteristiche della societa post-contemporanea in cui viviamo, in bilico perenne tra la pace e la guerra.

Aumentano le ricchezze, si fa strada il progresso e “la minaccia di una catastrofe atomica, che potrebbe spazzar via la razza umana, non serve nel medesimo tempo a proteggere le stesse forze che perpetuano tale pericolo”. “L’uomo ad una dimensione” prende in analisi l’uomo che è giunto ad una completa identificazione del razionale con il reale. Quest’uomo crede che più nulla di nuovo possa nascere sotto il sole e percepisce il suo tempo come la “fine della storia”. In altri termini, è l’uomo che non è capace di pensare altrimenti e chiama libertà la (democratica) possibilità di scegliere i padroni a cui assoggettarsi.

Tra non-libertà…

Avvicinarsi ad un filosofo della scuola di Francoforte, che ha ereditato il pensiero marxista integrandolo ad una analisi delle dinamiche novecentesche e ad una buona dose di psicanalisi, significa misurarsi inevitabilmente con una ideologia: ora – salvo evitare ogni equivoco – volendo riconoscere a Cesare ciò che è di Cesare e al capitalismo ciò che è del capitalismo, è merito del nostro sistema produttivo se la civiltà occidentale può godere di un benessere mai conosciuto in oltre cinquemila anni di storia ed è merito del capitalismo se la libertà sostanziale tanto anelata da Marx è stata effettivamente estesa ai più. Ma allora perché parliamo di non-libertà?

“La libertà di pensiero, di parola e di coscienza erano idee essenzialmente critiche, al pari della libera iniziativa che servivano a promuovere e a proteggere, intese com’erano a sostituire una cultura materiale e intellettuale obsolescente con una più produttiva e razionale. Una volta istituzionalizzati, questi diritti e libertà condivisero il fato della società di cui erano divenuti parte integrante. La realizzazione elimina le premesse”. L’estensione di una libertà positiva e sostanziale alla maggior parte della popolazione ha eliminato le proprie premesse: l’esistenza di una libertà formale e di pensiero e la possibilità del singolo di essere creativo rispetto al tutto. Ironicamente, Marx aveva auspicato un aumento della creatività e della possibilità di espressione del sé qualora questa libertà sostanziale fosse stata raggiunta, forse perché legato ad una visione di dialettica come “aufhebung” (secondo cui la sintesi/libertà sostanziale avrebbe conservato le caratteristiche della tesi/libertà formale) – visione che Theodore Adorno avrebbe criticato introducendo la dialettica negativa in cui la contraddizione rimane.

Ma perché “pensare altrimenti” quando siamo la società più opulenta che si sia mai conosciuta e se il “principio di piacere” supera costantemente il “principio di realtà” a nostro vantaggio?

… e non potere

Nel 2008, il sistema capitalistico contemporaneo, che getta la sue basi sul neoliberismo e sulla finanza speculativa, ha manifestato le proprie contraddizioni e, come già era successo nel ’29, è imploso. Se il passato insegna, dovremmo aver capito i limiti di un’economia che non procede di pari passo col PIL e coi dati reali. Ma quello che più preoccupa è che gli effetti di questa crisi si stanno protraendo da ormai più di un decennio, a dimostrare la tesi di Marcuse secondo cui non siamo più capaci a pensare in maniera non-capitalistica. Esiste una alternativa al capitalismo, che non sia qualcosa di già visto e di cui si sono già sperimentati i limiti in passato?

A questo evidente limite che la società contemporanea ha imposto al pensiero creativo si somma una certa dose di immobilismo, che blocca qualsiasi tentativo di cambiamento in un’Odissea burocratica salvo poi scoprire che, anche una volta messo in atto, i suoi effetti saranno per lo più inconsistenti. Geniale Zigmund Bauman quando, nell’analizzare la struttura e i limiti del Potere oggi giorno, nota come ad un potere fluido esercitato a livello internazionale non corrispondano strumenti di controllo che sortiscano i propri effetti a livello internazionale. Siamo di fronte a un non-potere degli stati di fronte ad un potere economico che sembra rimescolare ogni volta le carte in tavola a proprio vantaggio.

Come sperare allora di poter cambiare qualcosa? Come non arrendersi di fronte alla nostra impotenza? Abbiamo parlato dei limiti del capitalismo e della caduta libera che ha come soggetto la nostra società, ma si potrebbe parlare di problemi quali il clima, l’immigrazione, le banlieau, la povertà nel Terzo Mondo e ancora le guerre di religione: tutti problemi che il sistema attuale invece di provare a risolvere (concretamente, s’intende) incrementa sempre più.

Il valore del singolo e l’imprevisto

“Ci sono altre forze che agiscono in questo mondo Frodo, a parte la volontà del male; Bilbo era destinato a trovare l’anello, nel qual caso anche tu eri destinato ad averlo. E questo è un pensiero incoraggiante”. Ma cosa c’è di incoraggiante in un evento catastrofico come il passaggio dalla Contea a Mordor? Cosa c’è di incoraggiante in uno hobbit a cui è affidata la missione di distruggere il potere più malvagio e potente della Terra di Mezzo?

Gandalf dice qualcosa di spiazzante: anche le forze più presenti nel mondo – i conquistatori, i personaggi politici, i governi e i “poteri forti” – sono nulla rispetto al movimento della storia nel mondo. In questo senso è incoraggiante: nonostante la nostra sensazione di impotenza e di inadeguatezza di fronte alla storia – che è la stessa di Frodo di fronte alla sua missione – l’anello si è trovato inaspettatamente nelle nostre mani. Ed è questa la cifra dell’epica tolkeniana: l’inatteso. L’inatteso valica tutto quello che nel mondo si trova di potente, di programmatico, di pianificato (sia dai malvagi che dai buoni). Il potere si basa sulla possibilità di prevedere quanto avverrà in futuro e sul tentativo di diminuire la capacità di pensiero creativo e laterale – non a caso forme eversive e ironiche come la satira sono mal tollerate. Ed è incoraggiante il fatto che proprio una creatura così imprevista ed inaspettata come Frodo sia l’ago della bilancia, poiché chiunque giochi il suo potere deve basarsi su ciò che si aspetta. Ma le cose davvero importanti stanno al di fuori dei programmi dei potenti. I movimenti rivoluzionari sono proprio quelli in cui la storia si svolge nei luoghi e nei tempi più inaspettati. Non importa quello che gli uomini progettano e vedono, perché le cose andranno in maniera diversa: questa la struttura del destino. Non importa quanto i poteri terrestri siano radicati e ineluttabili: le nostre azioni contano! Agire nel mondo significa innescare un meccanismo che cambia quello stesso destino – e Frodo lo fa!

 

È Montale che, di fronte alla rigida concatenazione di causa-effetto e di doveri che regola il mondo ostruendo ogni spazio di libertà, si pone in una posizione di attesa e ascolto di fronte al mondo: è l’attesa del giallo dei limoni, di quell’imprevisto che, proprio quando il poeta smette di attendere, apre un varco che gli consente di fuggire il “qui ed ora” esistenziale. Allora il vento può tornare a suonare quello scordato strumento che è il cuore. Allora nell’imprevisto torniamo ad essere liberi, per un istante come per una vita. Come il Sisifo di Camus siamo costretti a spingere ininterrottamente una ruota che ineluttabilmente ci respingerà indietro, ma in questa resistenza che è la vita, un giorno le cose potrebbero cambiare. E il cambiamento dipende dalla nostra capacità di ascoltare, dalla nostra volontà di agire.