Sport e religione/la fede degli atleti

di Silvia Curumi

 

– Sono numerosi i punti di contatto e le affinità fra religione e sport e ciò avviene sin dai tempi più antichi.Lo sport arrivò ad una svolta decisiva durante l’epoca classica soprattutto con i Greci e con i Romani.

Lo sport di ieri…

 

I Greci, pur conservando a lungo lo spirito agonistico, trasformarono lo sport da bisogno ludico a manifestazione pubblica, mentre i Romani fecero dell’attività fisica un vero e proprio spettacolo. Presso questi popoli qualsiasi manifestazione pubblica era strettamente legata al mondo degli dei, pertanto anche le attività sportive si svolgevano in onore di essi. La stessa ripresa dei Giochi Olimpici, svolti fin dall’antichità per motivazioni a carattere tipicamente religioso, nel 1896 rappresenta un momento di svolta per la storia dello sport ma evidenzia anche le ragioni profondamente etiche fondatore, il barone de Coubertin.

 

…e oggi

 

Oggi, sotto diverse forme ed in situazioni favorevoli, il legame fra religione e sport va rafforzandosi tanto da portare alla pratica di riti, preghiere, formule, gesti, simboli e ruoli tipicamente religiosi anche in avvenimenti sportivi, nel corso della loro preparazione come nelle fasi successive allo svolgimento delle competizioni. In particolare nel campo del calcio esistono forme di divismo, movimenti parareligiosi e culti propiziatori ed esorcistici tesi ad ottenere risultati agonistici continuamente positivi.

 

Atleti e fede

 

Da qualche tempo vediamo un crescente numero di atleti ostentare la propria fede durante le competizioni. Il fatto che molti atleti si inginocchino o si facciano il segno della croce è relativamente ricorrente nei campi sportivi. Sapendo molto bene che saranno visti da migliaia, persino da milioni di telespettatori, non esitano a testimoniare la loro fede. Da questo punto di vista gli atleti protestanti erano un po’ svantaggiati perché non avevano segni particolari da mostrare. Ma da qualche tempo il gesto di mettere un ginocchio a terra chinando il capo è diventato un gesto di gran successo, perché permette all’atleta protestante di affermare che deve a Dio la sua vittoria. Non sono soltanto gli atleti a testimoniare della loro fede negli stadi, infatti anche gli spettatori colgono l’opportunità esibendo, ad esempio, come è già successo, un cartello sul quale sta scritto Giovanni 3, 16 “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. Oggi lo sport è anche dunque un’occasione per gli atleti e per i loro tifosi di manifestare la loro testimonianza di fede con efficacia.

 

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