Oltre lo striscione c’è una sfida per tutti

Comincia sempre tutto così, in modo banale, quasi impercettibile. Eppure comincia.

Le nostre azioni appaiono spesso le più innocue, le più innocenti, ma determinano tutte – nessuna esclusa – il destino del mondo. Non sono i grandi gesti che muovono la società o la storia, bensì le cose piccole, quotidiane, a volte impercettibili come il soffio del nostro respiro. L’odio, il razzismo, la discriminazione, si insinuano in noi adagio adagio e poi, ad un certo punto, irrompono. Si comincia col prendere in giro il proprio compagno di classe, quello che è troppo grasso o è troppo diverso; si continua ridicolizzando ogni situazione, ogni frase, ogni gesto; si finisce per perdere di vista il confine, la linea al di là della quale una cosa diventa grave, reale, enorme. Lunedì un gruppo di ragazzi, durante un torneo di calcio, ha appeso degli striscioni. Erano offensivi, denigratori, un po’ da ultras. Chi li ha scritti non pensava probabilmente di fare del male a una persona, alla sua famiglia, ad una comunità. Pensava solo di divertirsi e di “tifare un po” . Ma le parole pesano, fanno piangere, feriscono. Quello che hanno scritto i rappresentanti di Istituto e di Classe del Da Vigo è vero: quell’episodio è da condannare e bisogna esprimere solidarietà a tutte le persone offese. Ma forse c’è di più. C’è da domandarsi perché il nostro cuore ha bisogno di tutto questo per essere un pò più allegro, un pò più lieto. Il cameratismo, lo spirito di squadra, alleviano la nostra solitudine. Ma finite le partite, finite le gare, finite le vacanze, tutto passa. E di noi rimane solo quello che abbiamo scritto, quello che abbiamo pensato, non quello che desideravamo. Sarebbe bello che le cose potessero portare con sè le nostre intenzioni, ma purtroppo non è così. E tutto resta arido, vuoto, senza significato. Da quello striscione può iniziare ogni cosa: dal razzismo alla violenza, dall’accorgersi di avere sbagliato fino al cambiamento positivo di sè. Tutto è possibile, basta volerlo. A volte non ci è consentito scegliere. Questa volta sì. E se permettete anche noi ci permettiamo di tifare. Facciamo il tifo per te che hai scritto quelle cose brutte, facciamo il tifo per chi hai offeso. Perchè vi possiate incontrare, guardare in faccia, magari piangere, e decidere di nuovo di camminare. Insieme.

Oltre lo striscione c’è una sfida per tutti

La banalità del male 

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