I tre ostacoli alla felicità

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di Federico Pichetto

– Il presente è l’unico tempo che abbiamo, è il tempo dove si decide tutto, è il tempo in cui la nostra vita prende una direzione, un orientamento. Vivere il presente, stare in contatto vero con la realtà, con il dolore, la gioia, la paura, l’amore, è l’unica strada per crescere, per godere davvero della vita. Affrontare l’istante, viverlo intensamente – fino in fondo – anche se a volte è dolorosissimo e faticoso, ci porta a entrare in contatto con le cose come stanno, a vedere la nostra esistenza per quello che è. Il nemico della felicità non è la sofferenza, ma l’indifferenza verso le cose, verso le domande e le provocazioni che i diversi spazi della vita ci pongono. Eppure questo presente, queste parole così belle sul presente, trovano in noi tre grandi ostacoli che non ci permettono sul serio di guardare in faccia i nostri rapporti, le nostre amicizie, il nostro studio, le nostre tristezze. Il primo ostacolo che ci tiene in ostaggio è “quello che vorremmo essere”. Noi non viviamo per amare quello che siamo, ma ci ostiniamo a vivere per diventare quello che abbiamo deciso di voler essere. È questa immagine di noi a renderci a volte frustrati, soli, amareggiati. Abbiamo deciso che cosa vorremmo essere e non accettiamo di scoprire nella realtà un’altra cosa. Si crea così uno spazio fra l’io reale e l’io ideale, tra la nostra quotidianità e i nostri pensieri. E in quello spazio noi siamo in carcere, prigionieri di un’immagine che ci impedisce di amarci. In questo senso, allora, c’è un secondo ostacolo al presente: “non permettere ai nostri desideri di venire fuori davvero”. Ciascuno di noi ha tanti desideri, ma molti di essi partono già giudicati, distrutti, “bollati”. Siamo figli di una mentalità che pensa che ogni desiderio debba essere realizzato; il paradosso di tutto questo è che – per paura di non realizzare i nostri desideri – smettiamo di desiderare, abbiamo paura di desiderare. Convinti che il desiderio che proviamo non andrà bene. A volte alla società, a volte ai nostri genitori, a volte agli amici, al fidanzato o alla fidanzata. Ci impediamo di desiderare e così ci impediamo di ascoltare che cosa i desideri raccontano di noi. Ogni desiderio, infatti, ci racconta una storia, una gioia, un dolore, una domanda. E se non permettiamo che sia posto è un’intera parte di noi che ci rimetterà, che non sarà espressa e – quindi – ascoltata. Infine il terzo ostacolo che ciascuno può sperimentare davanti al presente sono “gli altri”, i sogni e i desideri degli altri. Noi facciamo fatica ad amare i sogni di chi ci sta vicino, come se ci avessero detto che, se si realizzano i sogni di chi sta accanto a me, non si possono realizzare i miei. Invece nella vita ciascuno ha la propria strada, il proprio sogno, le proprie domande. Gioire della vita dell’altro significa dare un’opportunità in più alla nostra vita. Perché l’esistenza la si affronta davvero soltanto insieme, soltanto “con qualcuno”. L’altro, quindi, è un bene per me. Se noi ci aiutassimo a non essere prigionieri di quello che vogliamo diventare, a non tarpare i nostri desideri, ma ad ascoltarli e ad accoglierli, se noi ci aiutassimo a tifare per la vita degli altri, allora il nostro presente sarebbe più semplice, meno ricattabile, più autentico. È un lungo cammino, una lunga strada per diventare sempre più umani, sempre più uomini. L’unico errore che si può commettere su questa strada è decidere di non cominciarla, di accettare di vivere nel ricatto di una vita che non ci piace. Ricordando un meraviglioso passato o favoleggiando un lontano, e inarrivabile, futuro.

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