DIARIO SICILIANO/Day 2 – Il regno di Matteo Messina Denaro è caduto

Di Batini Valentina, Del Mecio Vittoria, Mezzina Roberto, Petruzzelli Luca, Razetto Alice e Zini Domiziana.

Dopo quasi trent’anni di latitanza, Matteo Messina Denaro è stato catturato. Forse un po’ troppo, visto che aveva la possibilità di girare nella sua Castelvetrano come se nulla fosse, di andare in clinica a curarsi e addirittura al ristorante. Come mai lo Stato ha impiegato così tanto tempo nonostante il boss conducesse una vita da persona normale?

I dubbi sono tanti, ma soprattutto il sentimento che prevale è la rabbia, rabbia verso quell’atteggiamento mafioso che senza accorgersi adottiamo spesso anche noi nella vita di tutti i giorni. Ci si mette un attimo a rimanere imprigionati nel cosiddetto debito. Chi non ha mai chiesto un favore a qualcuno? Ecco in quel momento sei automaticamente in debito con quella persona. Parte tutto da qui, piccole cose che si trasformano in enormi problemi. Una volta che ti pieghi sarai costretto a farlo sempre.

Un albero non cresce nell’ombra, ma alla luce del sole

Oggi siamo stati in un terreno confiscato a Messina Denaro, poi successivamente destinato al gruppo scout Ciuri di Zagara.

I terreni prima di essere confiscati vengono sequestrati, ossia sottratti temporaneamente al proprietario, in attesa di giudizio. Solo in seguito a condanna vengono confiscati e, di conseguenza, finalmente possono essere affidati al comune che, tramite bando, assegna beni alle associazioni che ne fanno richiesta.

I tempi di assegnazione purtroppo sono molto lunghi e ciò determina il deterioramento dei beni. Ed è per questo che ci chiediamo se la loro confisca, derivante dall’intuizione geniale di Pio La Torre, oggi rappresenti ancora un successo dello Stato. Per esempio, basti pensare che, nella nostra Liguria, più della metà degli immobili sequestrati alla mafia non vengono riassegnati; ciò significa che non solo vanno persi dei beni che appartengono a tutti, ma questo fallimento rappresenta una vittoria della mafia.

È quindi evidente che la lotta alla mafia non deve competere solo alle forze dell’ordine e alla magistratura, ma anche a tutte le istituzioni e soprattutto alla società civile.