Esche vive- Pane per i nostri denti.

  

di Claudia Demontis

Esche Vive è un romanzo italiano di Fabio Genovesi pubblicato nel 2011.

La principale e straordinaria caratteristica di questa opera, riscontrabile d’altra parte negli altri romanzi dello scrittore, è certamente la narrazione di eventi legati alla quotidianità: la storia non tratta di supereroi, ragazzi dotati di poteri magici o di amori da romanzo rosa, no; i protagonisti del racconto non sono altro che un ragazzo di nome Fiorenzo di 19 anni, che all’età di 14 ha perso la sua mano destra giocando in uno stagno con dei petardi, “metallaro” ed orfano di madre; Tiziana, donna trentenne ed estremamente affascinante quanto intelligente, la quale è stata in grado di conseguire un gran numero di master, lauree e concorsi internazionali vinti, così poco utili se si sta cercando di dare un senso alla nostra vita; infine, troviamo Mirko, il “Campioncino” del Molise che rende onore alla squadra ciclistica di Mugnone. Tre perfetti sconosciuti che si ritrovano nella stessa città: la storia di una donna che ha sempre cercato di rimandare ogni sua scelta – partire, tornare, vivere, ricominciare-, la vita di un giovane che ha perso una mano in cambio di una moltitudine di problemi e la storia di un ragazzino di terza media che fa di tutto per non ferire nessuno dimenticando se stesso. Le vite dei protagonisti s’incrociano al culmine di massima sopportazione: essi si trovano davanti allo stesso muro senza alcun mezzo per scavalcarlo. Non si fidano l’uno dell’altro, Fiorenzo odia Mirko per avergli rubato la sua vita, suo padre e la sua casa col suo talento ciclistico; è un ragazzo pieno di nostalgiche mancanze e passioni, pieno di niente e vuoto di tutto: ” Però quel senso di vuoto mi si è impiantato in testa e sta ancora qui, preciso identico. Perché il vuoto vero è una cosa tremenda. Il vuoto vero non è niente. Il niente è troppo poco. Perché il vuoto vero non è il niente, ma il niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa. Qualcosa di importante, che c’è sempre stato, poi ad un certo punto guardi e ti accorgi che quella cosa non c’è più.” dice Fiorenzo. Tiziana è confusa a causa dei sentimenti reciproci e contrastanti nei confronti di Fiorenzo ed il piccolo ed innocente Mirko cerca disperatamente di trovare una maniera per essere accettato, amato, stimolato.

Il racconto è il manifesto della vita delle persone “normali“: fallimenti, grandi perdite, piccole conquiste significative e quel senso della “quotidianità” che dona una cadenza tranquillizzante alla storia. Quest’ultima è ambientata in un paesino toscano la cui esistenza é quasi ignota, ogni persona ha i suoi problemi e tenta di risolverli a modo suo ma, le vite dei tre protagonisti s’incrociano e, se inizialmente pare che queste diventino maggiormente complicate intersecandosi fra loro, essi necessitano la presenza dell’uno e dell’altro per andare avanti, superare questo ostacolo, raggirarlo. 

“E noi stiamo qui a dire che una volta era tutto splendido e profondo e adesso invece siamo degli scemi buoni a nulla” afferma Fiorenzo e forse è davvero così: quanto tempo passiamo a rimpiangere il nostro passato, ad usare ricordi ed esperienze come uno scudo rivolto al futuro, come possiamo avere paura di una vita che quotidianamente ci dona l’opportunità di dimenticare, di un futuro che ci offre la possibilità di andare avanti, cambiare, ricominciare? È così; è questo il bello di questo romanzo, tutti noi possiamo ritrovare noi stessi all’interno di questa storia, possiamo creare un nostro personaggio e farlo penetrare nel racconto. Fabio Genovesi riesce abilmente ad esaltare la figura umana esattamente per com’è, marca la sua normalità, la acclama, risalta ed è fantastico perché non siamo supereroi, non siamo invincibili, non siamo perfetti; possiamo aver perso la nostra mano destra giocando con gli amici coi petardi a 14 anni, possiamo aver paura di essere felici, possiamo permetterci di soffrire per non avere coraggio di cercare di esserlo, possiamo anche fingere di non essere chi siamo, perché siamo umani e la nostra forza sta nel continuare a cercare una maniera per andare oltre il muro, quel muro dentro ognuno di noi, quel muro che ha trovato solide fondamenta dentro il nostro animo. Perchè non siamo altro che pesci in mare chiuso, semplicemente nulla che il nostro continuo, più grande e più prossimo pericolo: noi siamo esche vive.

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