#ShareTheScience/Come vede il mondo un neonato?

di Francesca Basso

– Sharing.School torna come ogni settimana con #ShareTheScience, la rubrica attraverso la quale cercheremo di avvicinarvi al mondo della scienza e alle sue infinite meraviglie. Oggi ci occuperemo di una ricerca che punta lo sguardo sull’uomo e su uno dei momenti più importanti della sua vita: la nascita.

Cosa vede un neonato appena apre gli occhi?

Macchie sfuocate, chiazze di luce, una confusione prevalentemente in bianco e nero, in cui spicca però il rosso: questo è ciò che vede un bambino quando apre per la prima volta gli occhi sul mondo.
Nel giro di poche settimane inizia a distinguere i colori, prima il rosso e il verde, poi il blu e il giallo, a riconoscere le forme e a percepire la profondità. A sei mesi, vede il mondo come un adulto anche se, privo ancora delle categorie del linguaggio, non può interpretarlo nello stesso modo.

Come si sviluppa la vista?

Una applicazione di realtà virtuale sviluppata dal Guardian, sulla base delle ricerche più recenti sui meccanismi della visione e della percezione, consente di sperimentare le “prime impressioni” del mondo con gli occhi di un neonato.
Nello studi sullo sviluppo della percezione e cognizione nell’infanzia si dedicano oggi molti laboratori. A differenza di quanto si pensava fino a non molti anni fa, ovvero che un bambino appena nato vedesse solo in bianco e nero, gli esperimenti più recenti hanno mostrato che il neonato può percepire, seppure in modo limitato, alcuni colori. L’acuità visiva nei primi giorni di vita è però solo del 5 per cento di un adulto, vale a dire che tutto gli appare molto sfuocato. Già a due mesi, però, un bambino è in grado di distinguere il rosso dal verde; a 3-4 mesi riconosce il blu e il giallo, purché siano di tonalità intensa; a sei mesi, poi, la visione dei colori e l’acuità visiva sono paragonabili a quelle di un adulto.
A quel punto si è sviluppato anche il coordinamento tra i due occhi, che consente la percezione della profondità, anche se il sistema continua a migliorare, probabilmente fino ai dieci anni.

Il quesito finale

La domanda, per i ricercatori, è “che cosa capisce un bambino che ancora non parla di quello che vede?”
In senso generale, gli scienziati si domandano come si sviluppano le categorie concettuali, per esempio quelle dei vari colori, legate alla visione? Sono innate o sono frutto dell’apprendimento? Le ricerche più recenti mostrano in modo sempre più convincente che la mente dei neonati non è una tabula rasa, ma che i bambini vengono al mondo già equipaggiati con alcuni “concetti”. Uno studio appena pubblicato su Pnas dimostra che ciò vale anche per i colori, la cui categorizzazione sarebbe di origine biologica, e non dovuta alle parole con cui si impara a denominarli quando si apprende il linguaggio.
La percezione dei colori è dovuta alle cellule della retina chiamate coni, sensibili alla luce. Il cervello interpreta la combinazione di segnali provenienti da queste cellule in modo da farci vedere l’intero spettro.

L’universalità dei colori

Secondo la nuova ricerca, condotta su 170 bambini tra due e quattro mesi nel Baby Lab dell’università del Sussex (UK), alla nascita un neonato già “conosce” le categorie dei colori e li divide in cinque grandi gruppi – rosso, blu, verde, giallo e viola – le stesse che si ritrovano in tutte le lingue del mondo. I colori sarebbero quindi universali, non dovuti all’apprendimento del linguaggio, un’idea che nasceva dalla constatazione che in lingue diverse i colori sono spesso categorizzati in maniera differente, e che alcune lingue non hanno parole per distinguere, per esempio, il verde dal blu.

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