Ho visto un posto che mi piace, si chiama Mondo

di Serena Tartarini.

“Ho visto un posto che mi piace si chiama Mondo

Dove vivo non c’è pace ma la vita è sempre intorno

Più mi guardo, più mi sbaglio, più mi accorgo che 

Dove finiscono le strade e proprio li che nasce il giorno 

Ma questo è il posto che mi piace si chiama mondo.”

Canta Cesare Cremonini nel suo singolo “Mondo” del 2010: il posto che ci piace si chiama mondo, perché è il luogo dove non c’è pace, ma c’è vita. Il mondo è dove viviamo noi. Ragazzi, adulti, italiani, francesi, poveri o ricchi, insieme. Il mondo è il luogo comune in cui veniamo a contatto con gli altri che sono diversi e, molto spesso, questo fattore diversità, fa nascere in noi una paura che ci irrigidisce. L’incontro con il diverso è come un balzo nel vuoto e non avendo il polso della situazione prendono campo i pregiudizi, il timore e la diffidenza.

Cicerone, oratore e filosofo romano, con la locuzione latina “patria est ubicumque est bene” (la patria è dove si sta bene) ripresa da Manzoni, aderì alla corrente filosofica del Cosmopolitismo, nata con i sofisti Ippia e Antifonte nel V secolo a.C. Patria è dunque dove l’uomo sta bene, dove gli piace stare. Con tale affermazione, Cicerone, affrontò il discorso riguardante il cosmopolitismo, ampliamente rielaborato nell’età dei lumi. Tale corrente filosofica, pone l’uomo al centro della struttura complessa quale è il mondo, escludendo ogni appartenenza ad una determinata nazione e difende l’idea che l’uomo debba essere cittadino del mondo. Voltaire, illuminista francese, definiva l’intellettuale “libero” da ogni pregiudizio e preconcetto patriottico, ma al contempo, affermava che l’uomo dovesse “coltivare il suo giardino” contrapponendo il sentimento di appartenenza ad un’unica patria all’affermazione dell’individuo introducendo la modernità, che assume un carattere ambivalente. Oggi, essendo nel XXI secolo, parlare di globalizzazione e cosmopolitismo sembra banale, quasi scontato. Tra di noi, c’è chi ha scelto il liceo linguistico perchè interessato ad una lingua e ad una cultura diversa, c’è chi nel suo futuro vede Stati Uniti, Cina o Australia perché affascinato da questi luoghi lontani, c’è chi persino sui social segue persone da tutte le parti del globo per pura curiosità. In fondo tutti ci sentiamo in dovere, per qualche ragione, di sapere ed essere aggiornati su quello che succede dall’altra parte del mondo, ma perché avvertiamo questo come nostro o perché è moralmente corretto? siamo solo parte del mondo o prendiamo parte a quello che succede nel mondo? Ci sentiamo davvero, nonostante tutti gli attentati e le catastrofi che si abbattono sul mondo, cittadini del mondo? il cosmopolitismo è davvero dentro di noi? Se il mondo è il posto che ci piace, dobbiamo farne parte.

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