Oltre la cattedra/Wera Di Cianni spiega l’insegnante di oggi
di Alice Bafico
– Quale miglior modo di riaprire la famosa rubrica “Oltre la Cattedra” se non quello di intervistare una giovane professoressa del nostro istituto, la docente di Matematica e Fisica Wera Di Cianni? Abbiamo incentrato l’argomento principalmente sull’inizio della carriera di un’insegnante – visto anche la giovane età della prof – chiedendo informazioni su università, concorsi e graduatorie.
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Salve prof, iniziamo con una domanda forse banale, ma sicuramente d’obbligo: cosa l’ha spinta a diventare professoressa? E perché la matematica?
Diciamo che la mia è stata una scelta maturata nel tempo, perché prima ero molto combattuta tra la ricerca e l’insegnamento, avendo fatto la Triennale in Fisica e la Magistrale in Astronomia e Astrofisica, quindi un percorso abbastanza lungo che richiedeva lavori di ricerca già dall’inizio, che, appunto, mi ha sempre appassionato. Però un’altra mia passione è la divulgazione, quindi cercare di trasmettere quello che ho studiato e che mi è piaciuto tanto anche agli altri, soprattutto queste materie che ai ragazzi non piacciono molto perché risultano noiose e che, spesso, vengono studiate con difficoltà. Quindi possiamo dire che mi piacerebbe essere una paladina della scienza.
Comunque quando posso cerco sempre di cimentarmi nella ricerca.
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A quanto sembra da quel che ci ha detto, il suo percorso di studi è parecchio complesso, come si struttura?
Per chi volesse intraprendere una strada in facoltà scientifica, ingegneria, fisica o anche medicina, il percorso è sempre fare una triennale o una magistrale, oppure a ciclo unico, più eventualmente un dottorato di ricerca, che sono altri tre anni di studio. Lo studio universitario è molto più indipendente di quello liceale perché si può decidere sia come organizzarsi lo studio che – come nel dottorato – come organizzarsi il lavoro di ricerca. Poi se andrà bene questo dottorato si può fare un post-doc, cioè altri due anni di studio.
Dopo la Laurea si può scegliere se fare un Dottorato o un Master, che permette di continuare nella ricerca, d’insegnare, ma anche di lavorare nelle aziende come ingegnere informatico.
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Come funziona il mondo degli insegnanti? Soprattutto la prima parte, ovvero come si viene assunti fra concorsi e graduatorie?
Il percorso degli insegnanti, soprattutto negli ultimi anni, è molto caotico e confusionario. Diciamo che il percorso tradizionale sarebbe laurearsi, prendere l’abilitazione per l’insegnamento e dopodiché partecipare a vari concorsi che ti fanno poi ottenere un posto da qualche parte. Prima c’erano tanti tipi di graduatorie: la prima fascia, destinata a docenti più o meno tutti sistemati, la seconda fascia, che sono quelli abilitati all’insegnamento e che stanno aspettando il posto di ruolo, e la terza fascia, dove confluiscono sia persone abilitate all’insegnamento che quelle che ancora lo devono prendere.
Queste graduatorie si aggiornano continuamente a seconda dei punti che si ottengono. I punti vengono dati in base all’esperienza e ai titoli, quali laurea e masters. Quindi più punti si hanno, più si sale nella graduatoria e perciò c’è più possibilità di essere chiamati prima e di avere anche più scelta.
Inoltre, i docenti non-abilitati hanno delle messe a disposizione (ovvero delle richieste per insegnare) che richiedono laurea e masters ovviamente, soprattutto in quelle materie dove non ci sono insegnanti, perché scarseggiano o sono esaurite le graduatorie.
Queste messe a disposizione richiedono anche il trasferimento la maggior parte delle volte.
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Come è successo a lei prof, che dalla Calabria è venuta su in Liguria!
Quando sono stata chiamata dalla vostra scuola vivevo già a Genova da un po’ per esigenze lavorative di mia madre, anche lei docente, ma in Inglese. Però ho molti colleghi che si sono spostati in lungo e in largo in Italia per l’insegnamento, soprattutto dal Sud verso il Nord visto che al Sud c’è una percentuale maggiore d’insegnamento e quindi si esauriscono più in fretta le graduatorie.
Sicuramente il disagio del cambiare città e lasciare gli affetti si sente molto, però grazie anche alle ultime leggi, un gran numero di docenti ha trovato il posto di ruolo, che non è poco oggi come oggi.
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I concorsi sono specifici per ogni materia oppure sono generici?
I concorsi sono specifici per materia, quindi ad esempio io farei quello per Matematica piuttosto che per Fisica, poi però a seconda della laurea che si ha si possono insegnare più materie. Quindi io che sono laureata in Fisica, posso insegnare Matematica, Fisica, Elettronica in istituti professionali, Scienze Navali, ect.
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Lei ha iniziato la sua esperienza qui al Da Vigo come supplente. Secondo lei è più difficile insegnare e instaurare un rapporto con gli studenti da supplente?
Allora sì, sicuramente è difficile sia per noi che per voi. Per noi perché dobbiamo appunto conoscervi in un periodo dell’anno in cui magari avete già fatto un percorso o comunque venite da un anno passato con un altro docente, e quindi un altro metodo di studio. Per voi perché dovete abituarvi a conoscere il nuovo docente e il suo modo d’insegnare, che poi può essere anche temporaneo per un paio di mesi e quindi si possono creare climi poco sereni. Si dice sempre che si vuole garantire la così detta “continuità didattica”, ovvero mantenere uno stesso docente e un percorso unitario, anche se molte volte questo non avviene. Anche per noi questa situazione è precaria, ma la bravura di un docente sta nel garantire questa continuità e d’instaurare – anche se per breve tempo – un buon rapporto con gli alunni.
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Com’è visto l’ambiente scolastico dagli insegnanti? C’è competizione tra quelli più giovani ed i grandi?
In generale è un bell’ambiente, perché si ha sempre modo di confrontarsi con i colleghi, sia con i più giovani che con i più grandi.
La competizione forse c’è di più fra gli alunni, ma nel mondo del lavoro è più presente nelle aziende, dove magari si cerca sempre di emergere come migliore. Nella scuola senz’altro ognuno s’impegna per fare il suo lavoro però, sia perché ci sono materie diverse sia perché ognuno al suo metodo, diciamo che più che competizione c’è collaborazione, anche inter-disciplinare fra le diverse materie, per cercare di seguire un percorso tutti insieme.
Dal mio punto di vista, noi più giovani abbiamo sempre molto voglia di apprendere da quelli più esperti, anche se a volte si nota che molti non hanno più voglia, nonostante ciò possa dipendere da svariati fattori.
Io ammiro molto i colleghi più anziani per la pazienza che hanno avuto per arrivare fino a questo punto in un ambiente di giovani un po’ scatenati. Però è anche questo il compito di noi insegnanti, di scolarizzarvi facendovi capire che l’ordine e la disciplina sono importanti e che servono anche nel mondo del lavoro, dove ci sono sempre regole da rispettare.
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Si può dire che la scuola sia in crisi?
C’è un sovrannumero di insegnanti che devono essere sistemati e che cercano un posto fisso. Chi sceglie di fare l’insegnante in questo periodo non ha una strada facilitata, però magari noi giovani rispetto ad altri colleghi degli anni passati abbiamo la possibilità d’insegnare subito.
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Ultima domanda, d’obbligo, cosa ne pensa di Sharing?
Questa scuola mi piace molto perché è dinamica, ha tanti progetti all’attivo ed è giusto far partecipare i ragazzi ad attività extra-scolastiche che possano stimolare la vostra creatività. Il bello è che vi permettono di spaziare dal giornalismo alla fotografia al teatro, senza recludervi nelle materie ‘standard’, il che è sicuramente positivo.
Invece noi studenti vediamo la scuola come un incubo ma se potessimo trovare un motivo concreto che ci spinga ad apprezzarla?
https://sharing.school/bello-studio-pensiero-sedicenne/