#oltrelacattedra: Alba Chicco

Oltrelacattedra: Alba Chicco

di Raffaele Raminelli

– Nel nostro terzo appuntamento è con noi una donna impegnata anima e corpo nella vita scolastica. L’obiettivo è uno solo: trasmettere la sua passione.

Prof. Chicco, come molti sanno, lei è da sempre impegnata in numerose attività extracurricolari. Vuole ricordare ai lettori le più importanti?

I progetti a cui tengo di più sono “Andiamo a teatro”, un’iniziativa che consiste nella visione serale di circa 15 rappresentazioni di particolare interesse e rilevanza, in programmazione nei Teatri genovesi (con particolar riguardo al Teatro Stabile di Genova), “Per ricordare la Shoah”, ovvero la produzione di uno spettacolo da presentare presso la Sala Polivalente in occasione del Giorno della Memoria, organizzata dal Comune di Recco e “Laboratorio di teatro”, di cui sono referente. Il corso, una serie di 10-12 incontri, a cadenza settimanale, è condotto da Yuri D’Agostino, attore e regista nonché nostro ex-alunno. Nel corso degli anni mi sono cimentata insieme agli alunni in numerose altre esperienze, quali la produzione di film su DVD, ad esempio “Recco 10 Novembre 1943: i giovani ricordano”, un reportage volto a ricostruire i fatti avvenuti nel periodo bellico a Recco, attraverso le testimonianze dei sopravvissuti ai bombardamenti intervistati dagli studenti. Adesso abbiamo in lavorazione un DVD sui 50 anni del liceo, per il quale ho curato le celebrazioni tra maggio e ottobre 2015. E poi ci sono le conferenze e le uscite didattiche che organizzo da sempre…

Mi chiedo come faccia a fare tutto! Cosa la spinge ad impegnarsi in queste attività?

Secondo me il lavoro scolastico svolto in classe oggigiorno non è sufficiente. Molto spesso sentiamo genitori e insegnanti lamentarsi del fatto che gli alunni non hanno interessi, sono passivi, non hanno passioni né fantasia, sono pigri… Questi aspetti sono indubbiamente veri, ma, di fronte a tutto ciò, credo che il nostro compito sia stimolare, incuriosire e sviluppare la creatività dei ragazzi, partendo dai loro interessi. Personalmente ritengo estremamente importante far toccare con mano quello che si studia, dunque bisogna uscire dalla classe, partecipando a mostre, conferenze, gite ed eventi. Su questo io mi sono sempre impegnata molto: dobbiamo coinvolgere gli studenti nella vita della città, dalla quale spesso si trovano esclusi. Credo faccia parte del mio lavoro fare uscire gli alunni dalla classe, ma anche andare oltre rimanendo in aula. In questi termini internet, powerpoint e le LIM sono strumenti molto utili. Lavorando così sono arrivate molte soddisfazioni, soprattutto dagli studenti più svogliati e disaffezionati allo studio, ma che hanno tirato fuori delle competenze tecniche fuori dalla norma. Coinvolgendoli nei lavori di gruppo hanno scoperto il piacere della ricerca, hanno imparato un metodo e anche il loro profitto è cresciuto sensibilmente. La più grande soddisfazione è vedere i ragazzi crescere, acquistare autostima e sicurezza di sé. Stando insieme si crea poi un rapporto particolare, un feeling per cui ti seguono con tutto se stessi.

Bisogna dare di più per ottenere di più!

Esattamente.

Qual è, dunque, il suo modello di scuola ideale?

Una scuola fatta così: una scuola laboratorio, una scuola in cui tutti partecipano e sono coinvolti.

Dove nasce la sua passione per il teatro? Qual è la sua forza educativa?

Il teatro è la vita, il teatro parla dell’uomo. La sua forza è la capacità di far riflettere, interrogarsi e riconoscersi nei problemi che esso pone. Inoltre approfondisce le tematiche che si affrontano a scuola ed è un’occasione di arricchimento culturale. Andare a teatro con gli adulti insegna a stare insieme, a guardare gli altri e se stessi con un occhio più consapevole, ad acquisire un gusto estetico. Il teatro insegna a vivere e poi ha una grandissima funzione catartica. La mia passione nasce dai miei genitori, che mi hanno sempre stimolato, facendomi conoscere varie forme di spettacoli, e dai miei insegnanti universitari. Ho avuto poi la fortuna di conoscere e diventare amica di alcuni attori e registi che sono stati miei compagni di liceo: mi sono trovata sempre nel mezzo e credo sia anche per questo che ho mantenuto viva la passione.

Tre aggettivi per descriversi quando è a scuola; tre aggettivi per descriversi quando è fuori…

Allora… Direi che a scuola posso definirmi concentrata, rigorosa e sempre allegra. Fuori è facile: stanca, stanca e stanca.

Ma lei con questa scuola si consuma proprio! [ride n.d.r.]

Si, hai fatto un ottimo sunto. Mio marito mi dice sempre di riposarmi, ma è più forte di me! [ride n.d.r.].

Qual è il suo scrittore/poeta preferito e perché?

A me piace moltissimo Montale, è un mio pallino a scuola. In ambito teatrale Shakespeare è l’essenza.

Cosa ne pensa della nuova circolare ministeriale sulle responsabilità degli insegnanti durante i viaggi d’istruzione?

Io mi sono sempre dedicata alle gite. Nel corso degli anni credo che ci siano stati due errori principali. Il primo è l’eccessiva mira al risparmio. Sono consapevole che per favorire una partecipazione più ampia possibile si cerchi di contenere i costi, ma questo col tempo ha generato da parte delle agenzie un gioco al ribasso sulla qualità dell’esperienza culturale davvero avvilente. Le gite sono un business e purtroppo i servizi proposti sono, a volte, scadenti: letti accatastati, ristoranti pessimi… Credo che ridurre i giorni dei viaggi di istruzione, scegliere mete alternative o puntare tutto su un’unica esperienza all’estero, magari alla fine del triennio, un po’ come si faceva una volta, possa essere una soluzione migliore. D’altra parte ci vorrebbe anche una maggiore serietà da parte degli alunni, che pensano sempre al divertimento e alla trasgressione, trascurando invece il lato culturale. Il secondo punto è l’eccessiva responsabilità che viene richiesta agli accompagnatori. Io mi sono sempre battuta per andare in gita, ma vista la situazione di incertezza internazionale e le ultime norme sulla responsabilità dei docenti non credo sarà più possibile portare i ragazzi in uscita didattica in futuro. L’opinione pubblica vuole insegnanti che non mangino né dormano, che vigilino tutte le camere di notte e osservino ogni passo di giorno. Queste pretese sono eccessive e qualsiasi cosa succeda la colpa ricade sempre sui docenti accompagnatori. Il mio ideale sarebbe tornare ai vecchi tempi, alla gita di classe, magari rimanendo in Italia. Quello sarebbe bello: si potrebbe organizzare tutto bene, tenendo sotto controllo i ragazzi… Ma è utopia ormai. Dobbiamo trovare delle soluzioni alternative per salvare le gite, che sono le esperienze più belle!

Prof, grazie mille per essere stata con noi!

Grazie a voi, a presto!

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