La paura corre sui Social

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di Rossella Carta

– Per tutto il 22 marzo non si è parlato d’altro. Tutti i social media coinvolti, insieme a enti televisive, radio, l’intera comunicazione mondiale sintonizzata sul canale Paura. Pareri divergenti, tanto dolore, insicurezze e troppe, troppe domande.La strage avvenuta a Bruxelles che ha causato una trentina di morti e 250 feriti ha scioccato tutti, di prima mattina, così. Su Twitter spopolano gli hashtag #stopislam, #prayforbelgium, #bruxellesattack, #peace, #belgique…
Stop islam è diffuso ormai in tutto il mondo, ma con una funzione molto particolare: quella di sottolineare il fatto che non si può “fare di tutta l’erba un fascio” per utilizzare un’espressione gergale, l’Islam non è l’Isis.
Una ragazza su Twitter dice che gli attentatori dell’IRA erano cattolici eppure nessuno ha scritto #stopchristianity.
Effettivamente il terrorismo non ha religione, è una perversione dell’anima che nulla ha a che vedere con la fede.

Esponenti politici, poeti e scrittori si sono espressi sul tragico avvenimento, che tocca tutti noi in prima persona.
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha twittato: “Con il cuore e con la mente a Bruxelles, Europa.”
Roberto Saviano, celeberrimo autore di Gomorra, protetto costantemente da guardie del corpo per le sue posizioni schiette e taglienti sulla realtà politica odierna e per aver denunciato fatti sociali inaccettabili, dice: “L’unica risposta possibile all’orrore è accogliere. Il terrorismo si combatte solo con l’integrazione.” Utopico questo pensiero? La solidarietà e l’accoglienza sono davvero fondamentali, sarebbe bello però se bastassero a far sciogliere i cuori degli estremisti. Effettivamente anche se numerosissimi immigrati sono stati accolti nelle nazioni, è evidente che il problema di fondo è tutt’altro, e tutt’altra la soluzione.

Beppe Scorrano, un noto poeta diventato famoso attraverso Instagram, afferma: “Il buio fa parte delle nostre vite, il male è presente come lo è sempre stato. Non indossiamo le solite accuse dei perbenisti occasionali, non versiamo odio su odio, non fingiamoci giustizieri e combattenti, non puntiamo il dito senza aver mai dato una mano. #prayforbruxelles”
Le sue parole sono forti, scrollano le corde della nostra anima:
L’odio genera solo altro odio, è inutile accanirsi ed essere spietati nei giudizi, ma il terrore lampante è questa insicurezza perenne, questo dubbio costante che ci fa restare col fiato sospeso, chiedendoci quale sarà la prossima destinazione, il prossimo bersaglio, i prossimi cuori che cesseranno di battere, le prossime lacrime di parenti di vittime innocenti.
A Bruxelles è stata messa in atto una iniziativa solidale per coprire gli asfalti e le piazze della città con gessetti colorati che scrivono messaggi di pace e speranza.

Matteo Salvini, cinico, dice che non basta qualche scritta pacifista coi gessetti colorati sulla strada per guarire dal male dell’Isis… ma è già un inizio, perché no.
Non bisogna dimenticare che esattamente dieci giorni fa, il 13 marzo, un altro attentato ha macchiato di rosso il mondo, rosso colore del fuoco e del sangue che non deve essere più versato, e non è soltanto sangue occidentale.
“L’attentato di Ankara del 13 marzo ha fatto 37 morti e più di cento feriti. È stato il secondo attacco nella capitale nell’arco di un mese, dopo quello in cui il 17 febbraio erano morte 29 persone. Se poi si considera anche l’attentato del 10 ottobre a Parigi, con 103 morti, allora gli atti di terrorismo diventano tre in cinque mesi”, scrive Murat Yetkin su Hürriyet Daily News. E con Bruxelles siamo a quattro attentati in cinque mesi.

Le violenze sono all’ordine del giorno, ma devono e possono essere combattute.
#JeSuisUnHomme
#JeSuisEuropeén
Questi gli hashtag che Sharing si propone di diffondere.
Forse arriverà un giorno in cui #Peace sarà l’unica parola che ci farà piangere…ma di gioia.

E voi cosa pensate al riguardo?
Che sentimenti avete di fronte a questo orrore?

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