Fast car: una fuga verso i propri sogni

di Claudia Demontis

– Il recente singolo “Fast Car“, proposto da Jonas Blue e Dakota, la voce femminile che interpreta questa popolare canzone, non è nient’altro che una cover del componimento originale di Tracy Chapman rilasciato nel 1988.

13230996_10207351332116198_1518109676_n La versione “Tropical” di Jonas Blue ha sbaragliato le classifiche europee, riportando alla luce le parole della canzone vincitrice dei Grammy Award del 1988 come “miglior performance femminile dell’anno”. La cantante espone un tipico cliché americano degli anni ’80; la protagonista della storia è una giovane ragazza che ha dovuto affrontare la realtà a testa alta già al principio della sua immatura vita. La canzone comincia con una malinconica ed armoniosa intro di accordi di chitarra, successivamente, vengono raccontati i sogni di una ragazza che spera di poter vedere realizzati. Essa vede una sorta di luce, la sua unica opportunità di potersi costruire una vera vita, attraverso una fuga col suo ragazzo e la sua macchina; ai due non serve molto, non devono dimostrare a nessuno chi essere, se non a loro stessi.La ragazza afferma che non importi quanto vadano lontano, “basta oltrepassare il confine ed andare in città, trovare dei lavori per mantenersi e scoprire, finalmente, cosa significhi vivere”. Ed allora, la protagonista ricorda con estremo affetto quanto fosse significativo quel viaggio, quella fuga che avrebbe condotto a quel progetto abbozzato, già da bambina, quando sua madre abbandonò lei e suo padre alla ricerca della vita che avrebbe voluto, ma, che suo marito, disoccupato ed alcolista, non è mai stato in grado di offrirle. Perciò è qui che compare la magnifica allegoria dell’auto – “Fast Car”-, essa rappresenta un ruolo fondamentale: “So remember when we were driving, driving in your car Speed so fast I felt like I was drunk City lights lay out before us And your arm felt nice wrapped ‘round my shoulder And I had a feeling that I belonged I had a feeling that I could be someone Had a feeling that I could be someone.” Essa genera, nella ragazza, un senso di libertà così grande da destabilizzarla, viene tramortita da essa come se fosse ubriaca rimanendone inebriata: è incredibile come sia così estremamente semplice percepire quanto questa abbia squarciato, come un fulmine a ciel sereno, l’equilibrio psicologico della protagonista. Possiamo nitidamente immaginare la scena: una coppia di giovani innamorati, che scappano da tutto e tutti per cercare di crearsi una vita affrontando ogni difficoltà, che si stringono per mano ridendo esaltati dall’aria che entra dai finestrini facendo spargere ovunque i loro capelli, mentre nell’abitacolo risuonano risate vivaci ed urla di gioia, l’auto si lascia alle spalle una scia indefinita di luci e tutto sembra andare nella maniera corretta ; il braccio del ragazzo attorno alle spalle di lei e quella sensazione di appartenere, finalmente, a qualcuno, l’avere realizzato di non essere insignificante , e non più ” la ragazza che ha dovuto lasciare la scuola, per aiutare un padre problematico”, che ripete alla figlia di essere troppo vecchio per continuare a lavorare ma troppo giovane per essere ridotto così malamente, obbligata a trovare un impiego per occultare la mancanza delle figure più importanti della nostra vita: una madre ed un padre. Ma, ad un certo punto, la ragazza rivede se stessa nella figura della madre: il suo ragazzo ha problemi d’alcool e non ha ancora trovato un lavoro. La protagonista riconosce di aver commesso gli stessi errori della madre; lei continua a lavorare per tentare di mantenere entrambi ma, continua a sperare che, prima o poi, tutto si risolverà. Alla fine, la donna ammette a se stessa che ha fallito un’altra volta: l’uomo della sua vita, probabilmente, non è altro che una assurda fotocopia di suo padre, e lei non è che la personificazione della madre. La storia termina con la ragazza che impone al suo uomo di prendere la sua auto e andarsene, poiché non sarebbero stati in grado di trovare, creare qualcosa per cui valesse la pena vivere o morire. La canzone non è altro che la rappresentazione della crescita di una donna che ha dovuto attraversare innumerevoli difficoltà per realizzare che, in fondo, ha sempre e solo avuto bisogno di credere più in se stessa; e forse sì, lei non ha concluso più di tanto, solo ulteriori rimpianti, ma c’è ancora una piccola porzione di speranza racchiusa in quel ricordo risalente alla fuga dalla sua città natale verso il sogno di una nuova vita. Probabilmente è così che è strutturata la nostra vita:essa non è altro che un grande insieme di molteplici rimpianti e poche esperienze lungimiranti da tenerci strette.

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